Roma, 4 settembre 2025 – Segnali al mondo intero con l’esibizione delle armi e della potenza
dell’esercito. Non è un caso se la Cina di Xi Jinping ha marciato in piazza Tienanmen con una parata spettacolare di 10 mila uomini e centinaia di sistemi d’arma. Uno show da decifrare per analisti come il professor Simone Dossi, Research associate presso il Torino World Affairs Institute e docente di Relazioni Internazionali dell’Asia orientale all’Università Cattolica di Milano.
Perchè Xi si è vestito come Mao?
“Si tratta in realtà di quello che in Cina è noto come ‘abito alla Sun Yat-sen’, utilizzato dal padre del nazionalismo cinese e poi spesso indossato anche da Mao e dai successivi leader comunisti. Anche in occasione delle precedenti parate del 2015 e 2019 Xi aveva indossato questo abito. Idem Jiang Zemin nella parata del 1999 e Hu Jintao in quella del 2009”.

L’esibizione dei missili balistici e tattici e dei sistemi d’arma nucleare sono un messaggio?
“Pechino vuole ricordare ai potenziali avversari le proprie capacità di deterrenza nucleare. Questo messaggio era stato centrale anche nelle parate precedenti, ma stavolta sono state esibite più esplicitamente le componenti terrestre, navale e aerea. È la ‘triade nucleare’: la capacità di risposta in tutti e tre questi ambiti rende un deterrente nucleare più credibile. E l’importanza di un deterrente nucleare è uno dei principali insegnamenti tratti anche a Pechino dalla guerra in
Ucraina”.
I sottomarini che hanno sfilato segnalano la potenza sul mare?
“Sicuramente un altro dei messaggi trasmessi dalla parata è la crescente capacità cinese di operare in una molteplicità di ambiti. I mari sono da tempo uno dei settori più rilevanti per la
modernizzazione militare cinese: almeno dagli anni Novanta, man mano che gli spazi marittimi hanno acquisito centralità crescente per la sicurezza nazionale cinese. Dalla questione di Taiwan, alle controversie nel Mar cinese orientale e meridionale, alle linee di comunicazione marittima che collegano la Cina a Medio Oriente ed Europa: parte rilevante degli interessi di sicurezza della Cina si gioca oggi nei mari della regione e oltre”.

Oltre 10 mila uomini che marciano sono un altro segnale agli alleati Putin e Kim seduti accanto a Xi?
La parata manda segnali in più direzioni: verso Washington, soprattutto sul versante della deterrenza, verso i vicini di Pechino e verso Taipei, ma anche verso quei paesi del Sud Globale interessati a comprare armi dalla Cina. Le relazioni con la Russia e la Corea del Nord, in questo momento apparentemente così strette, mi sembra vadano lette sullo sfondo della competizione tra Cina e Stati Uniti”.
Qual è la prospettiva di Pechino?
“Dimostrare la propria capacità di aggregare consenso attorno alla propria visione dell’ordine internazionale. In questo senso va interpretato il vertice di della Cooperazione di Shanghai di pochi
giorni fa, ma anche la distensione con l’India, le relazioni strette con il Brasile. Idem per le relazioni con Russia e Corea del Nord: l’immagine del trio Xi-Putin-Kim non va interpretata come simbolo di
un nuovo, coeso blocco. Le priorità dei tre leader restano al momento diverse e solo parzialmente conciliabili. La Corea del Nord, in particolare, ha dimostrato negli anni una spiccata capacità di comportarsi in modi che dispiacciono a Pechino, nonostante la dipendenza economica e politica
dalla Cina”.
La parata con l’esibizione di nuove armi e tecnologia come i cani robot allude alla supremazia militare che può portare all’invasione di Taiwan?
“Sicuramente parte dei sistemi esibiti nella parata ha una potenziale applicazione nello scenario di uno scontro nello stretto di Taiwan. Ma non ci sono segnali, né nella parata in sé né nel discorso di Xi, di un cambiamento della politica di Pechino verso la questione. La priorità resta una riunificazione pacifica. Ma la Cina non intende rinunciare al ricorso alla forza qualora la prospettiva dovesse apparire irrealizzabile. L’esibizione di capacità militari è utile per influenzare il calcolo strategico altrui. In questo caso, ricordando a Taipei e prima ancora a Washington, di maneggiare con cura quello che Pechino considera un proprio “interesse essenziale”.
Che messaggio contiene la frase ‘il mondo deve scegliere tra la pace e la guerra?’.
“La frase in cinese suona diversamente: “oggi l’umanità si trova nuovamente di fronte alla scelta tra pace e guerra, tra dialogo e contrapposizione, tra mutuo beneficio e gioco a somma zero”. È una critica alla politica americana, cui Pechino attribuisce le principali responsabilità per la fase di tensioni internazionali. È un tema ricorrente nel discorso ufficiale cinese, e da ben prima della seconda presidenza Trump: già al XX Congresso del Partito comunista, nel 2022, si era parlato di “bullismo” degli Usa. Ora la Cina enfatizza il comportamento unilaterale degli Stati Uniti per presentarsi di fronte al resto del mondo, in particolare il Sud Globale, come forza di pace e stabilità. In questo senso la scelta tra pace e guerra. È una retorica che non funziona con
l’Occidente, ma che funziona discretamente con altri interlocutori.
Qual è il simbolo della parata che l’ha impressionato maggiormente?
“Ho trovato significativa la quasi totale assenza di riferimenti al contributo di altri Paesi nella Seconda guerra mondiale. Alla parata del 2015 avevano partecipato centinaia di truppe inviate da altre nazioni, pur selezionate secondo criteri di vicinanza politica a Pechino, ma aveva comunque un elemento di internazionalità. La parata di quest’anno mi è sembrata invece concentrata interamente sulla Cina e sul ruolo del Partito comunista”.
Le origini storiche contano?
“Nella crisi dell’ordine internazionale anche le origini storiche dell’ordine diventano oggetto di rappresentazioni mutuamente esclusive e non comunicanti. Ognuno propone una sua narrazione, il che alimenta la cacofonia attorno a norme e istituzioni vigenti e al loro futuro. Ne avremo una dimostrazione nelle celebrazioni di fine mese alle Nazioni Unite per gli ottant’anni dalla fondazione”.