Svolta nel delitto Mattarella. Orlando: non fu solo mafia. “Arriveranno altre verità”

Roma, 26 ottobre 2025 – I ricordi sono confusi e le certezze messe per iscritto negli atti ufficiali e ripetute ai magistrati della Procura di Palermo che, a settembre 2024 l’avevano sentito, hanno lasciato il posto ai “non so”. Il verbale di interrogatorio preventivo di Filippo Piritore, ex funzionario della Mobile ed ex prefetto da venerdì ai domiciliari con l’accusa di avere depistato le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, è un dietro front netto. “Il guanto? Io entro in uno stato di confusione e ansia. Avrò detto una cosa interpretata male”, dice al gip. L’ex funzionario, secondo l’accusa, mentendo, avrebbe contribuito a far perdere le tracce del guanto in pelle lasciato il 6 gennaio del 1980 nella Fiat 127 usata per la fuga da uno dei killer di Mattarella. Se ai magistrati aveva detto di aver inizialmente affidato il guanto all’agente della polizia scientifica Di Natale, che avrebbe dovuto darlo a Pietro Grasso, allora sostituto procuratore titolare delle indagini, Piritore ora racconta di aver saputo “da qualcuno che Di Natale aveva preso il guanto”. Nuova versione che segue alle smentite dell’agente e dello stesso Piero Grasso. Piritore farà ricorso contro il provvedimento del giudice. Intanto, Salvatore Butera, 88 anni, che fu consigliere economico e amico stretto di Piersanti, dice: la pista dei terroristi neri esecutori dell’omicidio “rimane quella su cui propendo”.

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di NINO FEMIANI

Fu il sindaco della ‘Primavera di Palermo’, Leoluca Orlando. Oggi a 77 anni, eurodeputato, è forse uno dei testimoni più attenti di quella stagione di sangue perché, oltre a esserne stato protagonista politico, fu anche consigliere giuridico di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione Siciliana brutalmente ucciso il 6 gennaio 1980. Quali sono le sue sensazioni dopo la svolta investigativa legata all’arresto dell’ex prefetto Filippo Piritore per depistaggio nell’omicidio di Piersanti Mattarella?

“È la conferma di una verità storica che non coincide con quella giudiziaria. La trama giudiziaria resta assolutamente lacunosa e inattendibile perché declama solo la rituale condanna della Cupola di Cosa Nostra e non dice nulla sui mandanti esterni. Da 45 anni molti di noi vanno ripetendo che quell’omicidio sicuramente coinvolge entità diverse dalla mafia”.

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LEOLUCA ORLANDO POLITICO

Crede che l’arresto clamoroso di sabato possa finalmente far luce anche su connivenze e inquinamenti nonostante siano passato quasi mezzo secolo?

“Sono convinto che possano arrivare altri sprazzi di verità storica”.

E la verità giudiziaria?

“Quella subisce la drammatica legge del tempo che comporta, da una parte, la prescrizione di alcuni reati, dall’altra la morte di alcuni indagati. Più il tempo passa, più dobbiamo rassegnarci ad avere solo la verità storica. Ma senza verità storica su tante stragi resta in pericolo la libertà e la democrazia del nostro Paese e non si comprende l’intreccio di eversione nera, P2, massoneria deviata, politica collusa e interessi internazionali che hanno bloccato con il sangue di Aldo Moro e di Piersanti Mattarella il compromesso storico che, in lotta contro la mafia, abbiamo realizzato nel 1987 a Palermo prima che cadesse il Muro di Berlino”.

Nel suo libro Enigma Palermo lei dedica molte pagine all’uccisione di Piersanti e ricorda una deposizione resa nel 1981 al consigliere istruttore Rocco Chinnici. Che cosa gli disse?

“Gli dissi che non si poteva uccidere un personaggio come Mattarella senza il consenso e il coinvolgimento di politici come Vito Ciancimino. Chinnici mi rispose: ha le prove? Io gli replicai: non ce le ho, ma non starei a posto con la mia coscienza se non le dicessi questo. Chinnici mi accompagnò alla porta dicendomi: professore grazie, ma come magistrato ho un ruolo diverso dal suo e, anche se condivido le cose che dice, ho bisogno di prove. Poi aggiunse: continui a fare questi ragionamenti perché così mi aiuta a trovare le prove”.

Pensa che ci siano stati poteri occulti nazionali dietro il delitto Mattarella?

“Il giudice Giovanni Falcone in commissione Antimafia, raccontando la collaborazione di Francesco Marino Mannoia,ricordò irapporti di Giulio Andreotti con Stefano Bontate e l’incontrò che ci fu sia prima che dopo l’uccisione di Mattarella. Fino al marzo 1980, ovvero tre mesi dopo l’uccisione di Piersanti, Andreotti continuò ad avere rapporti con Bontate, rapporti riconosciuti anche in una sentenza della Cassazione del 2004. Lo stesso Falcone era convinto che il delitto Mattarella non fosse solo un omicidio mafioso, anche perché il killer era estraneo a Cosa Nostra”.

Il killer del guanto marrone scomparso?

“Falcone sospettava di Giusva Fioravanti, esponente dell’eversione neofascista, condannato a otto ergastoli ma libero dopo 26 anni. Non è strano? Eppure, tutti questi atti sono rimasti secretati fino al 2021”.

Lei fu anche il consigliere giuridico di Mattarella, che ricordo ne ha?

“La mafia governava Palermo. Mattarella veniva considerato un eretico, ateo e comunista che si ribellava all’idea che Palermo fosse un territorio off limits, regno solo di Lima e Ciancimino. Aveva ingaggiato un suo duello: liberare Palermo dalle mafie, squarciare il velo delle complicità”.