L’Inno d’Italia cambia: via il ‘sì’ alla fine del testo. La scelta del Quirinale e quel mistero mai chiarito

Niente più ‘Sì’ alla fine dell’Inno d’Italia. Una sillaba sparita, ma non una qualsiasi, bensì quella che chiude l’opera di Goffredo Mameli e che milioni di italiani hanno cantato a squarciagola. A stabilirlo è un decreto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella del 14 marzo 2025, adottato su proposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio. Il provvedimento definisce le modalità di esecuzione dell’Inno nazionale ai sensi della legge 181 del 2017, indicando come riferimento il testo originario dell’inno degli Italiani. Scopriamo di più.

La circolare dello Stato Maggiore sull’Inno di Mameli

Come riportato da Il Fatto Quotidiano, lo Stato Maggiore della Difesa ha dato seguito al decreto con una disposizione del 2 dicembre 2024. Nei documenti firmati dal generale di divisione Gaetano Lunardo, capo del I reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito, si legge che durante eventi e cerimonie militari di rilevanza istituzionale, quando l’inno viene eseguito nella versione cantata, non dovrà essere pronunciato il “sì” finale. L’ordine chiede la massima diffusione della disposizione a tutti i reparti, fino ai livelli periferici.

La scelta del Quirinale e quel nodo mai chiarito

Sul sito del Quirinale è disponibile l’esecuzione del 1971 affidata alla voce del tenore Mario Del Monaco. In questa versione, dopo il verso “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”, l’inno si conclude esclusivamente con la musica. Secondo il Colle, si tratta di un adeguamento tecnico richiesto dalle bande musicali per uniformare l’esecuzione al testo primigenio di Goffredo Mameli. Nel decreto si motiva l’eliminazione del “sì” con il riconoscimento del testo di Mameli e dello spartito musicale originale di Michele Novaro come inno ufficiale della Repubblica.

Tuttavia, proprio qui emerge una discrepanza. Il “sì” non compare nel testo manoscritto inviato da Mameli al compositore, ma risulta presente nello spartito musicale attribuito a Novaro. Secondo diversi studi filologici, quella sillaba sarebbe stata aggiunta dal musicista per esigenze ritmiche e di chiusura musicale, diventando poi consuetudine esecutiva nel corso del tempo.

Una consuetudine che cambia

La cancellazione del “sì” non modifica tanto il testo dell’inno, ma interviene su una pratica consolidata, soprattutto nelle esecuzioni pubbliche e sportive. La decisione segna un ritorno a una versione considerata più aderente alle fonti testuali, anche se lascia aperto il dibattito tra storici, musicologi e filologi. Una scelta formale, dunque, che riporta l’attenzione su come i simboli nazionali si evolvano nel tempo, tra tradizione e interpretazione. Insomma, l’inno di Mameli torna al centro del dibattito pubblico: questa volta non per qualche polemica bizzarra come avvenuto nel recente passato quando la cantante ‘Francamente’ lo aveva definito come un’opera dal “linguaggio non inclusivo” augurandosi di poter cambiare le parole. Stavolta siamo di fronte ad un cambio formale, quello di un ‘sì’ che, almeno in questo caso, è molto più di una sillaba.