Carlo Verdone: “Per papà e per i ventenni la vita in serie finisce qui”

Roma, 26 ottobre 2025 – Che fatica essere Carlo Verdone. Ma anche com’è bello. Gioie e amarezze, fastidi e soddisfazioni che comporta essere un personaggio tanto popolare e amato. Certo l’affetto della gente fa piacere ma tutte quelle continue richieste di selfie, e soprattutto le critiche piovutegli addosso da parte dei paladini del politicamente corretto per la sua gaffe al festival di Sanremo, lo convincono a cambiare aria. All’inizio della quarta e conclusiva stagione di Vita da Carlo, Verdone è a Nizza dove si gode il piacere di non essere riconosciuto, in beata solitudine. Verdone è anche regista insieme a Valerio Vestoso dei dieci episodi di Vita da Carlo – Stagione finale, in esclusiva su Paramount+ dal 28 novembre e che ieri ha chiuso la 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma. Accanto a lui, tra gli altri, Monica Guerritore, Sergio Rubini, Maria Paiato, Caterina De Angelis.

Verdone, a Nizza vive una sorta di esilio dorato.

“A Nizza mi godo finalmente un po’ di tranquillità ma la mia ex moglie, interpretata da Monica Guerritore, pensa che non mi facciano bene isolamento e inattività, così convince un suo ex, direttore generale del Centro Sperimentale di Cinematografia, ad affidarmi il corso di regia”.

E lei, dopo iniziali incertezze, alla fine accetta e torna a Roma.

“Il Centro Sperimentale è un luogo importante della mia vita, un posto a cui sono legato. Mio padre Mario Verdone lo ha diretto per un periodo, io mi sono diplomato lì in regia e in seguito ne sono stato consigliere d’amministrazione. Volevo in questo modo rendere omaggio a mio padre ma anche ai giovani che lo frequentano. Nella serie mi confronto e scontro con loro ma immaginiamo che il saggio finale, un film collettivo sul tema della solitudine, sia così interessante da essere accolto in una sezione del festival di Cannes. E questo per me ha un significato particolare”.

Quale?

“C’è una generazione di ventenni di cui a volte abbiamo un’idea sbagliata e che invece merita considerazione. Bisogna dargli fiducia e questa serie la dedico a loro”.

I tagli al settore annunciati dal governo la preoccupano?

“Questi tagli fanno paura. Però è anche vero che non c’è stato un adeguato controllo quando i finanziamenti venivano dati a chiunque. E questo è grave. Ma attenzione, perché se si tagliano le produzioni indipendenti, non avremo un ricambio generazionale. Servono anche commissioni competenti perché spesso si bruciano progetti per superficialità”.

Il prossimo 17 novembre, data del suo compleanno, sarà sindaco di Roma per un giorno. Cosa farà?

“Vedremo, comunque sono soprattutto le periferie ad avere bisogno di attenzione. Il centro è più curato, anche se una sera dovevo andare a cena da Rubini, che abita non lontano dal Colosseo, e non riuscivo a trovare la strada perché non c’era illuminazione e la targa della via era ricoperta da uno strato di polvere risalente, penso, agli anni Trenta”.

Qual è il bilancio di questa avventura “in serie“ durata quattro stagioni?

“Sono stati cinque anni di lavoro molto faticosi perché girare una serie comporta ritmi serrati, estenuanti. Quando sono tornato a girare un film, ho avuto la sensazione di essere al bar con gli amici. Ma sono contento di essere stato il primo attore italiano ad avere raccontato la sua vita, anche se un po’ romanzata, in una serie. Ora tornerò a fare film, ne finirò di girare uno la prossima settimana, Scuola di seduzione, che uscirà in primavera”.

Quindi non ci sarà una quinta stagione?

“No, è escluso. Non saprei cosa altro inventare. Vita da Carlo finisce qui. E poi la mia vera casa è il cinema”.