Roma, 25 novembre 2025 – Nastro rosa, anzi giallo-rosa in Campania. Il campo largo dovrà affrontare qualche malattia infantile, specialmente sul nodo della premiership, ma ieri ha emesso i primi vagiti grazie alla vittoria schiacciante di Roberto Fico, che ha travolto il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli. Per una nascita nel Sud, c’è una resurrezione nel Nord, anzi nel Nord-est (Veneto): quella della Lega. Nel segno e nel nome di Luca Zaia non solo recupera lo svantaggio che pareva incolmabile registrato nei confronti di FdI alle Politiche e alle Europee, ma travolge il partito di Giorgia Meloni con un risultato quasi umiliante. Tutto come previsto in Puglia: Antonio Decaro maciulla il contendente (forzista) Luigi Lobuono. Ma lì il centrodestra non aveva investito energie. In Campania invece FdI, sia pure in ritardo e in maniera confusa, ci ha provato: candidato di peso nel partito e nel governo e la trovata poco felice di un condono edilizio inventato. Qui la sconfitta è più cocente.
Risultati elezioni regionali 2025 in Campania, Puglia e Veneto. Exit poll, proiezioni e spoglio in tempo realeElezioni Campania, Schlein: “Un risultato importante per tutti noi”
Sono risultati calibrati su una platea ristretta: l’affluenza si è fermata al 43,64% degli aventi diritto, in netto calo rispetto al 57,6% del 2020. Era prevedibile: alla tendenza degli elettori a disertare le urne si è aggiunto lo scarso appeal di prove senza suspense. Un dato che conferma l’allarme sullo stato della partecipazione democratica.
Sulla carta, la tornata delle regionali d’autunno si conclude con un pareggio: 3 a 3. Ma in termini politici la partita l’ha vinta il centrosinistra, grazie al trionfo campano. “Nel 2027 possiamo vincere – esulta Elly Schlein – La vera sconfitta di oggi è Giorgia Meloni”. Le fa eco Giuseppe Conte: “Chi ha saltellato, oggi cade rovinosamente”. La soddisfazione del leader M5s e, a maggior ragione, della segretaria “testardamente unitaria” del Pd è giustificata non solo dal kappao inflitto a Cirielli, ma anche dalla dimostrazione che l’alleanza Pd-M5s è possibile senza che comporti una massiccia defezione dei rispettivi elettorati. Il treno è partito, ma prima di arrivare in stazione restano da superare montagne, non colline: la politica estera e la definizione del premier.
In Veneto a tripudiare con lo stesso entusiasmo è Matteo Salvini: la vittoria in realtà è di Zaia, che intende metterla all’incasso imponendo al Carroccio il modello Cdu-Csu con se stesso nella parte di capo dei “bavaresi d’Italia”. Salvini cavalca l’onda: “È un risultato che va oltre ogni previsione”. Promette comunque di “rispettare i patti”. Dice: “Non pretendo la Lombardia perché ho stravinto in Veneto”. Peccato che aggiunga una frasetta poco rassicurante per la premier: “La Lega in Lombardia può raggiungere lo stesso risultato”. Insomma il Carroccio cercherà di farsi pagare la ritrovata centralità al Nord su molti tavoli. Quello degli assessori, quello dell’Autonomia differenziata che Zaia, nelle materie non soggette ai Lep, reclamerà immediatamente. Quello della manovra. Per parlare poi a suo tempo della candidatura in Lombardia.
La premier commenta dall’Angola con un post asettico sui social: “Una vittoria frutto del lavoro, della credibilità e della serietà della nostra coalizione”, scrive congratulandosi con Stefani. Poi porge l’onore delle armi agli sconfitti. Basta e avanza per capire che Meloni afferra perfettamente il senso infausto della giornata. La nota dolente è che se si proiettano i risultati della Campania e della Puglia sulle elezioni politiche la coalizione di centrodestra non conquisterebbe neppure un seggio nei collegi. Cambiare la legge elettorale a questo punto è un obbligo. Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo di FdI, si lancia: “Se si votasse oggi non ci sarebbe la stabilità che abbiamo ora. Noi riteniamo che sia utile: serve una riflessione sulla legge elettorale”. Traduzione: via i collegi uninominali. Antonio Tajani concorda: “Sono sempre stato favorevole al proporzionale”.
Il Pd, che sulla legge elettorale stava trattando, alza le barricate: “Quella attuale non è la migliore del mondo, ma ha dimostrato di potere assicurare una maggioranza stabile. Non si capisce perché qualcuno la debba cambiare se non per il tornaconto di bottega”, avverte il responsabile organizzazione del Pd, Igor Taruffi.
M5s, che tifa per il proporzionale puro, difficilmente romperà con gli alleati. E la riforma la destra dovrà farla da sola e imporla con la fiducia. Ma per la Lega, galvanizzata dal Veneto, rinunciare ai collegi sarà un sacrificio costosissimo, che accetterà a carissimo prezzo. Inoltre, una sconfitta politica di tale portata non è il miglior viatico per il referendum costituzionale.