Roma, 18 agosto 2025 – Sarà anche stato un po’ cowboy, come è nel suo stile, e un po’ regista naif, ma Donald Trump con il vertice in Alaska ha mosso il gioco in campo nella partita Ucraina. E l’incontro di oggi a Washington è un passetto avanti che non garantisce, per ora, l’addio alle armi, ma fa sperare di poterci arrivare. Sono giorni di confronti incrociati e questo è un bene. Ieri Ursula von Der Lyen e la pattuglia dei Paesi Volenterosi hanno ragionato in videoconferenza sui temi che oggi sono sul tavolo davanti al tycoon americano. Alla Casa Bianca si siedono Giorgia Meloni, Ursula Von Del Leyen, Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Keir Starmer, il finlandese Alexander Stubb. Presente anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, a fianco di Volodymyr Zelensky, capotavola, il quale, pur contrario alla cessione (inevitabile) di territori, pare ormai disposto a trattare . Come e quanto si vedrà. Il mondo guarda la Casa bianca e spera che davvero si avvii un piano di pace.

E il Papa ha pregato durante il vertice dei Volenterosi. La task force europea arriva compatta alla meta americana, decisa a sostenere alcuni punti fermi in vista di un possibile meeting trilaterale Usa-Russia-Ucraina il 22 agosto, e disponibile verso Trump. Lo scudo europeo pro Ucraina punta all’“unità transatlantica”, esorta gli Usa a fissare quali garanzie di sicurezza siano pronti a fornire a Kiev e chiede un cessate il fuoco, mantenendo ogni pressione su Mosca. Il focus principale di oggi resta quello di escogitare un meccanismo simile all’Articolo 5 nella Nato, che sancisca per Kiev il principio della difesa collettiva, dove l’attacco a uno innesca la risposta di tutti (ma qui l’Alleanza Atlantica non entrerebbe in campo) e su cui in Alaska Trump ha fatto una prudente, apertura. L’inviato speciale americano Steve Witkoff ha ribadito in un’intervista alla Cnn che sul punto c’è un accordo con Putin. Frase forte ma esplicita della presidente von der Leyen per chi non avesse inteso: “L’Ucraina deve essere un porcospino d’acciaio, indigesto per possibili invasori”.
Servono garanzie di sicurezza sia per gli ucraini e sia per gli europei, ha spiegato incontrando la stampa accanto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, giunto a Bruxelles a sorpresa. Il portavoce della Commissione europea ha sottolineato anche che “I leader chiedono la fine alle uccisioni in Ucraina e la decisione sulla difesa a tutela di Kiev e dell’Europa”. Con un punto fermo condiviso da Zelensky: spetta all’Ucraina decidere sul proprio territorio e i confini non devono essere cambiati con la forza. Per la premier Giorgia Meloni ha parlato Palazzo Chigi, ricordando che comunque è opportuno non sganciarsi dagli Usa: “È stata ribadita l’importanza di continuare a lavorare con gli Stati Uniti per la fine al conflitto e raggiungere una pace che assicuri la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina, che dovrà essere coinvolta nelle decisioni sul suo futuro. È confermata inoltre la necessità di mantenere la pressione collettiva sulla Russia e di solide garanzie di sicurezza”. E la sicurezza a fine conflitto dell’Ucraina è un altro tema caldo. “Il fatto che gli Usa siano pronti a partecipare alle garanzie per l’Ucraina è una decisione storica”, ha scritto su X il presidente Volodymyr Zelensky . E qui si riallaccia la strategia del porcospino: gli alleati dell’Ucraina vogliono garanzie di sicurezza, niente paletti sulle forze armate ucraine o veti sull’ adesione all’Ue. “Finché ci sarà spargimento di sangue in Ucraina, l’Europa manterrà la pressione sulla Russia. Abbiamo adottato 18 pacchetti di sanzioni e stiamo portando avanti il 19esimo”, ha sottolineato von der Leyen. Emmanuel Macron, sempre militante, aggiunge un carico da novanta: “Putin non vuole la pace, vuole la capitolazione dell’Ucraina. Servirà fermezza, o la tregua sarà utile solo a preparare i conflitti di domani”.