Sangiuliano non è il caso Profumo, ministro della difesa ai tempi della guerra fredda

Il caso Sangiuliano si è concluso con le dimissioni? Troppo presto, forse ci saranno strascichi. Ma prima facciamo un passo indietro. L’”affaire Profumo” del 1963, è stato uno scandalo politico inglese a sfondo sessuale tra John Profumo, segretario di Stato per la guerra e la modella Christine Keeler.

Gli elementi che distinguono questo caso rispetto alla vicenda “Sangiuliano” sono almeno tre.

Il primo è che il ministro italiano non è in possesso di elementi “sensibili”, di tecnologie da “secretare“. Infatti, le riforme attuate dal Suo predecessore hanno immobilizzato l’intera organizzazione diventata una burocrazia priva di idee innovative e di programmi.

Il ministro non può esercitare alcun controllo sull’operato di Soprintendenti e Segretari Regionali, laureati in lettere o architettura, ai quali è stato affidato un ruolo di tipo “manageriale”.

Ne è derivata la paralisi degli uffici, come dimostra il contenzioso in atto che un serio riformatore potrebbe rimuovere solo attraverso interventi radicali che non sono mai stati presi in considerazione da Sangiuliano.

Sangiuliano non è un caso di sicurezza nazionale

Sangiuliano non è il caso Profumo, ministro della difesa ai tempi della guerra fredda
Sangiuliano non è il caso Profumo, ministro della difesa ai tempi della guerra fredda – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

Lo stesso ministro dell’Interno Piantedosi ha smentito l’esistenza di una “breccia” nella sicurezza del G7, nonostante i tentativi della d.ssa Maria Rosara Boccia, la quale cerca di dimostrare di avere svolto un ruolo operativo su mandato del ministro, che doveva sfociare in una consulenza.

I diritti della d.ssaBoccia potranno essere provati in sede di eventuale giudizio civile anziché per via di dossier. Chi può escludere che questa mancata consulente si sia posta al servizio dell’opposizione per qualche vantaggio mercantile?

Il secondo elemento è che il principale Paese del G7 (gli USA) non può certo assurgere a censore dei nostri costumi.

Il presidente più amato dagli americani è stato J F.Kennedy, marito della bellissima Jacqueline che chiudeva un occhio sulle scappatelle del marito, controllato dalla CIA per evitare che le Sue frequentatrici potessero entrare in possesso di segreti di Stato.

Ancora oggi si favoleggia sulla morte di Marilyn Monroe che non si sarebbe suicidata, ma eliminata dai servizi segreti. Lo scandalo Clinton riguardava una stagista che era arrivata a conservare lo sperma del Presidente per evidenti finalità ricattatorie.

Boccia non è Christine Keeler né Marilyn Monroe

Il terzo elemento distintivo è che la modella Christine Keeler e l’attrice americana erano fior di ragazze per cui un uomo poteva anche perdere la testa. L’attrice americana Jane Fonda di sicura fede democratica, si batteva per i diritti delle donne, e tuttavia aveva dichiarato che “il presidente Kennedy non doveva essere giudicato per l’iperattivismo sessuale ma per i meriti di leadership politica”.

Tra il 2016 e 2017 Dario Franceschini fu accusato dal rapperFedez di essere in conflitto di interessi in quanto Michela Di Biase, moglie del ministro, si occupava per lavoro della gestione del patrimonio immobiliare della SIAE. La questione era stata ripresa da Mattia Fantinati, deputatodelMovimento 5 Stelle, e dal blog di Beppe Grillo. Come la maggior parte delle iniziative grilline, la denuncia risultò infondata.

Ho ricordato questo episodio per condannare gli accaniti interventi su giornali e talk show televisivi di personaggi di parte, di modesta levatura, i quali invitano il ministro della Cultura a dimettersi a prescindere dall’esistenza di prove relative ad episodi di dissipazione del denaro pubblico, che è poi l’unica “imputazione” seria (seppur minimale) che si potrebbe muovere a Sangiuliano. Ricordo che Franceschininon si era dimesso a seguito degli esposti grillini e del rapper.

Bisogna arrivare ad una “giurisprudenza” condivisa da tutte le forze politiche in campo. Quando si decide che un ministro della propria formazione non si deve dimettere a seguito di un attacco scandalistico, il principio deve valore anche per l’avversario politico.

La superiorità etica della magistratura rispetto alla politica, sta nella credibilità della prima. Nessun magistrato può ignorare il “precedente”, altrimenti il diritto diventerebbe un’opinione.

In politica non è così: il segretario del partito più lillipuziano può rivolgersi al popolo mediatico facendo una denuncia o un esposto per episodi già verificatisi e decisi in un certo modo, al solo scopo di raccattare qualche voto.

La magistratura trionferà sempre sulla politica diretta da gnomi litigiosi.

Ciò che può e deve fare un partito è esprimere un giudizio sull’operato dell’uomo politico a prescindere dalla sua appartenenza.

Questo principio fondamentale della nostra democrazia era stato così espresso da Winston Churchill in occasione della nomina di Sir Stafford Cripps a direttore degli affari economici da parte dei socialisti: «E’ un conforto sapere che i nostri affari sono trattati da un uomo di prim’ordine».

Un principio che l’attuale opposizione non applica alla Meloni, che trova estimatori in Europa piuttosto che in Italia.

Cosa ha fatto il ministro Franceschini che può costituire oggetto di critica? Egli è stato artefice di una riforma del 2017 che liberalizza l’esportazione delle opere d’arte, di qualunque epoca.

Contro questa disposizione, accusata di favorire la dispersione del patrimonio culturale italiano, si sono schierati associazioni come Italia Nostra e intellettuali come Vittorio Sgarbi, Salvatore Settis e Stefano Boeri, mentre ha ricevuto il plauso dei galleristi, antiquari e case d’asta.

 

 

 

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