Benzina sul fuoco delle proteste in Perù, un vasto incendio ha illuminato la notte di contestazioni a Lima e completamente devastato un intero immobile della centralissima piazza San Martín. Un incidente che i manifestanti, di nuovo in piazza contro la presidente Dina Boluarte in barba allo stato d’emergenza, hanno imputato a un lacrimogeno lanciato dalle forze dell’ordine. Un’ipotesi che il Ministero degli interni si è però affrettato a smentire.
Comunità andine in piazza: “Boluarte si dimetta”
A gonfiare i ranghi della protesta, ieri, soprattutto delegazioni dalle più regioni andine del Paese, venute a reclamare nuove elezioni e ad esprimere sostegno per Castillo, l’ex presidente arrestato il 7 dicembre, da loro visto come portavoce delle rivendicazione comunità più povere. Tra le rivendicazioni della piazza, oltre alla sua scarcerazione, anche le dimissioni di Boluarte.
Stato di emergenza in nuovi dipartimenti: “Tutto sotto controllo”
Dal canto suo l’attuale Presidente ha accusato i manifestanti di generare “caos e disordine”, sostenendo che la protesta non sia portatrice dell’agenda sociale di cui il Paese ha bisogno. “La situazione è sotto controllo”, ha poi aggiunto nel giorno in cui lo stato di emergenza è stato esteso per un mese anche ai dipartimenti di Amazonas, La Libertad e Tacna, portando così a sette quelli interessanti dalla misura.
Si aggrava il bilancio: ormai 45 morti dall’inizio delle proteste
I violenti scontri in cui è degenerata la protesta a Lima hanno provocato un morto tra i manifestantie quattro feriti tra gli agenti di polizia. Oltre venti, secondo i conteggi del Ministero degli interni, quelli invece contati nel complesso del Paese, dove i manifestanti hanno provato a occupare gli aeroporti di Puno e Cuzco, la capitale turistica del Paese.