Servizio civile, mezzo secolo di obiezione

servizio civile pace Italia

Nel 1972 la prima legge che riconosceva gli obiettori di coscienza. In cinquant’anni, fra criticità e nuove norme, un’opportunità sempre più grande per i giovani

di ELEONORA PECA

Dal mensile di settembre – Il 2022 segna un anniversario importante per il servizio civile in Italia: i cinquant’anni dall’approvazione della legge che riconobbe la possibilità di obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio e avviò l’istituzione del servizio civile. Oggi è una scelta volontaria, ma l’anima resta la difesa non armata del Paese attraverso l’impegno attivo dei giovani a sostegno della comunità, grazie alle associazioni che li accolgono.

La lotta per il diritto all’obiezione di coscienza iniziò, in Italia, nel secondo dopoguerra con il rifiuto dell’attivista pacifista Pietro Pinna di prestare servizio di leva e la sua successiva condanna al carcere, che ne fecero il primo obiettore di coscienza al servizio militare. Fu però grazie all’azione politica del filosofo Aldo Capitini che la disobbedienza e l’idea di un’alternativa nonviolenta di difesa entrarono nel dibattito pubblico italiano. Con la prima Marcia della pace Perugia-Assisi nel 1961 e la nascita del movimento nonviolento si allargò la lotta per il riconoscimento giuridico dell’obiezione. Anche molti cattolici contribuirono alla causa: i processi per apologia di reato subiti da padre Ernesto Balducci e don Milani accesero, infatti, ancor di più i riflettori sul tema. Il Parlamento si trovò così costretto ad approvare una legge sull’obiezione, spinto dalle proteste del ’68 e dal crescente numero di giovani obiettori che affollavano sempre di più le carceri italiane. Tuttavia, la legge approvata nel 1972 non fu ben accolta dai militanti obiettori in quanto non riconosceva un vero e proprio diritto all’obiezione, ma una sorta di beneficio concesso dallo Stato secondo precise e rigide condizioni: ad esempio, prevedeva otto mesi di servizio civile in più, il parere positivo della commissione giudicante sulle reali motivazioni, fra le quali restava priva di rilevanza quella politica, nonché la previsione delle regole militari per lo svolgimento del servizio.

La riforma del 1998 ha reso possibile il diritto all’obiezione di coscienza per servire il Paese in modo alternativo e uguale al servizio militare

Una data da celebrare

Nonostante le criticità, la legge del 1972 rappresenta una ricorrenza importante per il Paese e per gli enti del servizio civile: «Quest’anno celebriamo i cinquant’anni di servizio civile in Italia il 9 e il 10 settembre con un festival, poi il 14 e 15 dicembre in un convegno richiameremo i tanti contributi che questa istituzione ha dato alla nostra Repubblica», spiega Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio civile e fino a poche settimane fa della Conferenza nazionale enti servizio civile (Cnesc).

Negli anni Ottanta, grazie alle azioni delle Lega obiettori di coscienza (Loc) e delle organizzazioni della Cnesc, si arrivò prima alla sentenza della Corte costituzionale che dichiarò illegittima la durata maggiorata del servizio civile, e nel 1998 all’agognata riforma che attribuì un vero e proprio diritto all’obiezione di coscienza e rese possibile servire il Paese in modo “alternativo ed eguale” al servizio militare. Negli anni Novanta, infatti, non si sentiva più il bisogno di una difesa armata, i conflitti mondiali erano un lontano ricordo e altri valori, di solidarietà, pace e uguaglianza ispiravano i giovani italiani. Nonostante il servizio civile fosse ancora obbligatorio e alternativo alla leva militare, questa riforma può essere considerata preludio del servizio civile volontario vigente, perché include cambiamenti determinanti, come l’istituzione dell’Ufficio nazionale per il servizio civile in seno alla presidenza del Consiglio dei ministri e non più sotto il controllo del ministero della Difesa.

Poco dopo, all’inizio del XXI secolo, il governo allora in carica decise di riformare il servizio militare, rendendolo solo professionale e ponendo fine all’obbligo di leva. Da qui inizia ufficialmente il servizio civile volontario per come lo conosciamo oggi. È infatti del 2001 la legge istitutiva del Servizio civile nazionale: una scelta volontaria di dedicarsi alla difesa non armata e nonviolenta del Paese e alla promozione della pace e dei valori fondamentali della Repubblica, aperta ai giovani dai 18 ai 26 anni (oggi a 28) e per la prima volta estesa anche alle donne.

Il servizio civile volontario ha avuto successo, con una crescita esponenziale di anno in anno: il primo bando prevedeva 396 posti, l’anno dopo 7.865 volontari erano in servizio. Erano addirittura 22.743 nel 2003. Quando, poi, venne anticipata la sospensione della leva, anche il numero di domande maschili aumentò notevolmente, dal 6 al 25% in un solo anno.

L’ultima riforma del Servizio civile universale, datata 2017, ha introdotto diverse novità e tenta di avvicinare sempre di più questo programma volontario alle nuove esigenze dei giovani di oggi. «Quest’ultima normativa ha certamente dei meriti ma vanno concretizzati: serve un articolo di legge che renda possibile un finanziamento adeguato e triennale, tanto più dopo aver fissato una programmazione triennale degli obiettivi e dei progetti – riprende Palazzini – Per realizzare le misure previste, servono ogni anno 500 milioni. Con le risorse statali previste nel 2023 partirebbero soltanto circa 15mila giovani, a confronto dei 63mila messi a bando quest’anno. Le risorse aggiuntive del Pnrr permettono di aggiungercene altri 40mila – continua – ma dal 2024 ci saranno solo fondi nazionali. Per questo nella legge di bilancio 2023 serve una scelta politica del governo per portare il fondo nazionale a 500 milioni annui per il triennio 2023-2025».

Nel 2021 il servizio civile che ha contato più di 56mila giovani volontari, impegnati in Italia o all’estero, è aperto anche agli stranieri residenti nel nostro Paese ed è sempre di più un punto di riferimento della formazione sociale, civica, culturale e professionale delle nuove generazioni.

«Il servizio civile a me ha cambiato la vita perché ero uno studente di Ingegneria ambientale e volevo servire il Paese in maniera diversa – ricorda Stefano Ciafani, presidente di Legambiente e obiettore di coscienza nel ’98 – A ventiquattro anni di distanza posso dire di aver fatto la scelta giusta. In quei dieci mesi capii di trovarmi nel posto giusto, perché da una parte mi permetteva di fare il mio lavoro di ingegnere ambientale, dall’altra univa le mie due passioni: la tutela dell’ambiente e l’impegno per cambiare l’Italia». Tuttora un’occasione di impegno civico e crescita personale unica nel panorama nazionale

Passi di civiltà

1948 Pietro Pinna si dichiara obiettore di coscienza e l’anno successivo viene condannato per disobbedienza prima a dieci mesi, poi ad altri otto.

1950 Aldo Capitini organizza i primi convegni su obiezione di coscienza e nonviolenza in Italia e fa conoscere il “caso Pinna” in tutta Europa.

1961 Il 24 settembre si tiene la prima Marcia della pace Perugia-Assisi.

Marcia Perugia Assisi

1962 Nasce il 10 gennaio il Movimento nonviolento.

1963/64 Padre Ernesto Balducci subisce il processo che porta alla sua condanna.

1966 Don Lorenzo Milani è assolto in primo grado. Sarà condannato in appello nel ’67, morirà però poco dopo.

1972 Il 15 dicembre viene approvata la legge n. 772 “Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza”.

1973 Nasce la Lega obiettori di coscienza.

1989 Il 19 luglio viene emessa la sentenza 470 in materia di obiezione di coscienza al servizio militare.

1998 L’8 luglio viene approvata la legge n. 230 “Nuove norme in materia di obiezione di coscienza”.

2000 Il 14 novembre viene approvata la legge n. 331 “Norme per l’istituzione del servizio militare professionale”.

2001 Il 6 marzo viene approvata la legge n. 64 “Istituzione del servizio civile nazionale”.

2017 Approvato il 6 marzo il dlgs n. 40 “Istituzione e disciplina del servizio civile universale”.

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