Le trappole della Striscia di Gaza. “Bombe, cecchini, agguati. Sarà un bagno di sangue”

Roma, 7 agosto 2025 – Nelle crisi sparse per il mondo, a ogni latitudine, tante volte abbiamo visto l’ala militare interventista e la parte politica nel ruolo di mediatore per evitare stragi di soldati e civili. Il contrario di ciò che sta accadendo in Israele. Seicento tra ex militari ed ex funzionari dell’intelligence hanno bocciato il piano di occupazione totale di Gaza lanciato da Benjamin Netanyahu, affiancati anche dalle perplessità dello stesso capo di Stato maggiore dell’esercito. Oggi il Gabinetto di sicurezza scioglierà i dubbi sul via libera all’invasione di terra. Il generale paracadutista Maurizio Fioravanti, già comandante della Folgore e capo della Task Force Libano nel 2006 dopo l’invasione di Israele, conosce bene il Medio Oriente e le tecniche di guerra.

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TOPSHOT – Palestinians rush to retrieve aid packages parachuted during an airdrop over Nuseirat in the central Gaza Strip on August 6, 2025. In the besieged Gaza Strip, where humanitarian aid has only been trickling in, the civil defence agency said on August 6 that at least 22 people had been killed in an overnight incident involving an aid truck that overturned onto a crowd of aid seekers. (Photo by Eyad BABA / AFP)

Fioravanti, seicento militari e il capo di Stato maggiore che frenano sull’occupazione totale sono una spaccatura insanabile?

“Non so se la spaccatura potrà ricomporsi. Ma se generali che hanno fatto parte dell’Idf, funzionari del Mossad e dello Shin Bet dicono che è una mossa sbagliata, c’è un motivo”.

FIORAVANTI

C’è la politica dietro a questa mossa?

“Non credo. Chi indossa la divisa fa valutazioni tecniche e non politiche. I militari vanno ascoltati, sanno di cosa parlano. Poi c’è la parte politica. Lapid, forza di opposizione, ha aggiunto che non si va in guerra se non si ha tutto il popolo alle spalle”.

Per l’operazione servono forze speciali o un numero massiccio di truppe?

“Bisogna mettere in campo forze elevate, tanti uomini che Tel Aviv oggi non può permettersi. A parte chi va al fronte, è necessaria una elevata presenza nelle retrovie per l’assistenza, la logistica, i rifornimenti. L’Idf sarebbe costretto a mobilitare forze già a riposo e logorate da due anni di guerra e migliaia di riservisti”.

Perdite umane?

“Ci saranno costi umani elevati sia tra i militari che tra i civili. Invadere una città piena di macerie significa affrontare un teatro operativo estremamente insidioso, fatto di trappole esplosive, cecchini, imboscate, agguati. Inoltre, il nemico non è un esercito regolare riconoscibile, si tratta di miliziani mischiati alla popolazione civile, quindi la contabilità delle vittime rischia di essere più alta. E poi c’è la difficoltà a penetrare i tunnel dove si nascondono i guerriglieri con depositi di armi”.

Come reagirà Hamas?

“Si difenderà, nessun dubbio. E con un’operazione del genere si fornisce ai guerriglieri la motivazione di uccidere uno alla volta gli ostaggi, lanciando ultimatum. L’occupazione totale è una scelta contro gli interessi di Israele. E scatenerebbe una reazione ulteriore delle altre milizie”.

In che senso?

“Concentrare un alto numero di truppe su Gaza distoglie forze che controllano la Cisgiordania in perenne ebollizione, Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen che continuano a lanciare minacce e missili”.

Il dopo occupazione come andrebbe gestito?

“Bisognerebbe chiederlo a Bibi Netanyahu. La gestione post occupazione è complicata. Non si possono cacciare i palestinesi perché non c’è uno Stato disposto ad accoglierli. Servirebbe una militarizzazione totale per evitare che Hamas rialzi la testa. Non è una strada percorribile”.

Come giudica la passeggiata del ministro Itamar Ben Gvir nella spianata delle moschee?

“Una inutile provocazione che irrita tutto il mondo musulmano e non solo i palestinesi. Una mossa che può innescare ulteriori risvolti negativi per Tel Aviv in tutta l’area mediorientale”.