Codice della Strada, punibile solo chi è ancora sotto l’effetto della droga: cosa cambia e perché

Una nuova circolare approdata sulle scrivanie delle prefetture in queste ore allenta le nuove norme che riguardano il consumo di droga volute dal ministro Matteo Salvini e che riguardano il Codice della Strada. Il documento è presentato come un vademecum su come comportarsi; in realtà sembra essere una rivisitazione di quanto disposto dal ministero dei Trasporti. Vediamo nello specifico quindi cosa cambia.

Non è escluso che queste novità siano state introdotte in base ai dubbi sollevati dal Tribunale di Pordenone che all’inizio di aprile aveva chiesto alla Corte costituzionale di valutare la legittimità del nuovo codice a seguito della sospensione della patente inflitta ad una donna che a seguito di un incidente aveva dichiarato di aver assunto un ansiolitico e un altro farmaco contenente codeina.

Le nuove linee guida riguardano l’accertamento dello stato di alterazione al volante. Affinché una persona sia punibile per guida sotto l’effetto di droghe occorre “una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida”. La circolare è arrivata dai ministeri dell’Interno e della Salute ed è stata inviata a prefetti e questori.

Il Ministero dei Trasporti tiene tuttavia a precisare che nessuna nuova circolare “contraddice le novità” del Codice nella parte del nuovo Codice che punisce l’uso di droghe anche quando non creano alterazione psicofisica, ossia la parte finita sotto la lente della Corte costituzionale dopo che, come era prima della riforma, nel codice c’era un chiaro riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica”. La circolare rileva che la nuova norma, “diversamente dalla precedente formulazione, punisce la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere da un effettivo stato di alterazione psicofisica”. L’elemento caratterizzante, richiamato nella locuzione “dopo aver assunto”, aggiunge, “è costituito dallo stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo”. Occorre così provare, si legge nel documento, “che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida”.

Il ministro afferma ancora che “sono confermati” i test per certificare la presenza di droga alla guida. Infatti la direttiva, che disciplina le modalità dei controlli sull’uso di stupefacenti, è stata adottata l’11 aprile “in piena coerenza” con le nuove regole che puntano a punire chi si mette alla guida dopo aver assunto droghe e superando il concetto (soggettivo e non dimostrabile) di “stato di alterazione”, sottolinea il ministero, ricordando che lo stesso ministro Matteo Salvini “ha ribadito che l’assunzione di droga è ben diversa dall’uso di farmaci, anche cannabinoidi, con l’obiettivo di non penalizzare chi è sottoposto a cure mediche”.

Polizia
Codice della Strada, punibile solo chi è ancora sotto l’effetto della droga: cosa cambia e perché (foto Ansa) – Blitz Quotidiano

Cosa c’è scritto nella circolare

Nel dettaglio, la circolare spiega che occorre provare che la sostanza sia stata assunta in un periodo di tempo “prossimo” alla guida del veicolo. In questo modo, pur senza dichiararlo, i ministeri hanno recuperato il criterio dello stato di alterazione psico-fisica. Questo stato di alterazione non deve essere valutato da un medico, spiega la circolare. Carabinieri e Polizia eseguono un test salivare che viene  considerato un “accertamento preliminare”. Se positivo vengono prelevati altri due campioni di saliva che, dopo essere conservati ad una temperatura di 4 gradi, vengono mandati al laboratorio di tossicologia forense nel più breve tempo possibile.

A questo punto, nel laboratorio vengono fatte delle analisi  “di conferma”. Sono soltanto queste che possono portare a un’incriminazione. Il primo campione prelevato serve solo a individuare le molecole prodotte quando le sostanze stupefacenti vengono metabolizzate. Solo la seconda analisi sarà in grado di stabilire se l’effetto delle sostanze (o dei farmaci) è finito o meno.

Nella circolare si legge poi che la presenza nella saliva o nel sangue di metaboliti inattivi di sostanze stupefacenti non consente di accertare lo stato di intossicazione e quindi non può portare a un’incriminazione. Per questo motivo vanno anche esclusi i test delle urine.

In un altro punto si specifica di valutare anche l’eventuale presenza di metaboliti legati a terapie fatte in ospedale o prescritte dal medico curante. In questo modo vengono finalmente escluse le sanzioni verso le persone che assumono farmaci a base di oppioidi o psicofarmaci che hanno gli stessi principi attivi delle sostanze stupefacenti.

Positività confermata dalla seconda analisi

Se anche l’analisi di secondo livello conferma la positività, il secondo campione raccolto deve essere conservato dal laboratorio di tossicologia forense a -18 gradi per almeno un anno dal primo referto. Il secondo campione rimane a disposizione della magistratura e degli avvocati per eventuali contro-analisi. E non è finita qui. La circolare prevede che nel caso di positività anche nelle analisi di secondo livello, il secondo campione raccolto deve essere conservato dal laboratorio di tossicologia forense sempre a -18 gradi e per almeno un anno rimanendo così a disposizione della magistratura e degli avvocati per eventuali contro-analisi.

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