Congedo di parternità, dal 2013 è triplicato ma il 35% ancora non lo usa. Ecco i dati della crescita disomogenea

Alla vigilia della Festa del Papà, un’indagine condotta dall’INPS in collaborazione con Save the Children offre uno spaccato significativo sull’evoluzione del congedo di paternità in Italia. Sebbene l’adesione a questa misura sia in crescita, resta una fetta consistente di padri che ancora non ne usufruisce. Dal 2013 a oggi, la percentuale di lavoratori che scelgono di avvalersi del congedo è triplicata, passando dal 19,2% al 64,5% degli aventi diritto. Un dato che segnala un progresso evidente, ma che si accompagna a una cifra meno incoraggiante: il 35% dei padri continua a non utilizzarlo.

“Il trend è positivo e dimostra che qualcosa sta cambiando nella cultura della genitorialità in Italia”, osserva il presidente dell’INPS, Gabriele Fava. “Tuttavia, una quota rilevante di padri continua a non usufruire di questa opportunità. Dobbiamo lavorare ancora per sensibilizzare e promuovere il congedo di paternità come strumento di equilibrio familiare e di parità di genere. Rafforzarlo significa non solo favorire il legame precoce tra padre e figlio, ma anche alleggerire il carico di cura che spesso ricade in maniera sproporzionata sulle madri”.

Crescita disomogenea: chi lo utilizza e chi no

Introdotto nel 2012 con l’obiettivo di incentivare la condivisione delle responsabilità familiari, il congedo di paternità è stato progressivamente ampliato fino agli attuali 10 giorni. Eppure, il tasso di utilizzo è fortemente influenzato da fattori territoriali, contrattuali ed economici. L’indagine INPS rivela come la fruizione del congedo sia più diffusa tra determinate categorie di lavoratori:

Tipologia contrattuale: il 70% dei padri con contratto a tempo indeterminato ne usufruisce, contro il 40% di quelli con contratti a tempo determinato e solo il 20% dei lavoratori stagionali.

Fascia di reddito: la percentuale di adesione è più alta tra chi guadagna tra 28.000 e 50.000 euro annui (83%), ma si riduce leggermente tra i redditi superiori ai 50.000 euro (80%) e scende al 66% tra chi guadagna tra 15.000 e 28.000 euro.

Dimensione aziendale: nelle imprese con oltre 100 dipendenti, il tasso di utilizzo raggiunge l’80%, mentre nelle aziende con meno di 15 dipendenti si ferma al 40%.

Disparità territoriali: il Nord Italia registra il tasso di adesione più elevato (76%), seguito dal Centro (67%), mentre al Sud e nelle Isole il dato cala drasticamente al 44%.

Un potenziale ancora inespresso

Se da un lato i dati evidenziano un trend positivo, dall’altro rivelano la necessità di ulteriori interventi per rendere il congedo di paternità un diritto realmente accessibile a tutti i lavoratori. “È fondamentale proseguire in questa direzione, ma c’è ancora molto da fare per rendere effettiva la parità nella cura dei figli”, spiega Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children. “Un congedo più lungo e meglio strutturato porterebbe benefici non solo ai padri e alle madri, ma anche ai bambini, garantendo loro una crescita in un ambiente più equilibrato e sereno. Inoltre, la misura dovrebbe essere estesa anche ai lavoratori non dipendenti, affinché nessun padre sia escluso da questa opportunità”.

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