Consumo di suolo, asfalto evergreen

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Il partito del cemento reclama altre nuove “vecchie” strade: dalla Tibre alla Cispadana, passando da A1, A13 e Pedemontana veneta. Per finire a Milano con la Tangenziale ovest

Dal mensile di gennaio. Faccia tosta, dabbenaggine o distacco dalla realtà? Lo scorso 2 novembre, mentre a Glasgow era in corso la Cop sul Clima, una folta schiera di politici locali emiliani, lombardi e veneti – dalla Lega al Pd, ascrivendosi al partito bipartisan del cemento – reclamava imperterrita il completamento dell’autostrada Tirreno-Brennero (Tibre), dalla provincia di Parma a Nogarole Rocca, nel veronese. Per dare il senso della misura del “completamento”, oggi sono in corso di realizzazione i primi 9 km su un totale di tracciato preliminare di 85, ne manca insomma il 90%. Il costo ipotizzato dell’opera è di 2,7 miliardi di euro, il consumo di suolo stimato in 800 ettari, oltre ai 70 già impermeabilizzati (in larga parte prati stabili, ossia fieno per le vacche del parmigiano reggiano). Questi dati sono ovviamente stati omessi nelle dichiarazioni dei quattro presidenti di Provincia (Parma, Cremona, Mantova e Verona) e dei 27 parlamentari di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Partito Democratico, Italia Viva, Socialisti e Azione, che hanno parlato di opera “urgente, moderna e rivolta al futuro”, addirittura. “Le nostre aree hanno l’assoluta necessità di completare la rete autostradale con la Tibre, in una logica di aggregazione e qualificazione dei flussi trasportistici – hanno sottolineato – Collegare le aree più produttive del Paese, pilastro del sistema socioeconomico, aumentando in prospettiva la sostenibilità in una visione green che sta avanzando sempre più velocemente”. Uniche voci fuori dal coro, quelle del Movimento 5 Stelle, di Europa Verde e di Possibile. «Proprio durante la Cop26 – rimarca Chiara Bertogalli di Parma Possibile – questi rappresentanti pubblici locali, con un tempismo sconcertante, ci spiegano che l’inquinamento è aumentato tanto e che servono altre autostrade per ridurlo… C’è invece un accoppiamento drammatico fra l’immissione di gas serra e la degradazione delle aree naturali. Ignorano il valore dei servizi ecosistemici che soltanto l’ambiente naturale può fornire. Un esempio su tutti: il riassorbimento di CO2 di un suolo integro che svolge le proprie funzioni vitali. A Glasgow si sono accorti della gravità della situazione, ma Parma e la Val Padana sembrano non essere sullo stesso pianeta». Le risorse stanziate dal Pnrr, in base ai dettami europei, non destinano un solo euro a nuove autostrade. Ed è forse per questo che i politici strepitano. E lo fanno nelle regioni con il Pil più alto del Paese, che curiosamente piangono miseria. Peraltro l’alternativa alla Tibre autostradale c’è e si chiama Tibre ferroviaria. L’anno scorso è stato rifinanziato, con 1,2 miliardi per il quadriennio 2022-2026, il raddoppio della Pontremolese tra La Spezia e Parma.

Libero mercato ma non troppo

Come se non bastasse, in Emilia-Romagna è partita la gran cassa per chiedere la quarta corsia sull’A1 tra Modena e Piacenza, mentre da Bologna in direzione Padova si invoca la terza corsia per l’A13. Analogo discorso sull’A14: la quarta corsia è già approvata tra Bologna e Ravenna e allora poco più a sud, nelle Marche, vogliono almeno la terza. Le opere più contrastate in Emilia sono la Cispadana, 67 km nella bassa tra Ferrara e Reggio Emilia, e la bretella di 15 km tra Modena e Sassuolo. Per entrambe l’Unione Europea chiede di fare una gara per assegnare i lavori, senza automatismi con il rinnovo della concessione per la A22 (società titolare delle tratte progettate). Una situazione da libero mercato che improvvisamente, alla politica, non va più bene. Situazione incagliata, dunque. Come lo è a Bologna per il “passante di mezzo”, ossia il raddoppio dell’autostrada nel nodo urbano. Scongiurata grazie alle battaglie ambientaliste la realizzazione del passante nord, che avrebbe devastato la campagna. Ora si tratta di capire come minimizzare l’impatto sull’attuale tracciato.

2050 termine entro cui gli Stati membri dell’Ue si dovranno dotare di una road map con obiettivo zero consumo di suolo

83 gli ettari di suolo consumati in Veneto tra 2017 e 2018 (Rapporto Snpa)

41 i metri d’altezza del nuovo stabilimento per surgelati della New Cold a Fiorenzuola D’Arda: sarà il congelatore della Pianura Padana

Bulimia a quattro corsie

Dall’Emilia al Veneto la bulimia di asfalto aumenta. La prima stesura del Pnrr da parte della Regione guidata da Zaia, quando ancora non erano noti i criteri Ue, prevedeva 9,5 miliardi di euro di investimenti in nuove strade su un totale di 11,5 richiesti per le infrastrutture. «Avevano rimesso tutti i progetti vecchi di vent’anni – spiega Cristina Guarda, consigliera regionale veneta per Europa Verde – improntati sul modello della Superstrada Pedemontana veneta (Spv), la più grande fabbrica di consumo di suolo. Il concetto che si vuol far passare è che il risparmio di 5 minuti di percorrenza è un obiettivo ambientale raggiunto. Si ritiene inoltre il consumo di suolo per infrastrutture meno grave, quando invece si sta impattando fortemente sulle produzioni agricole». La Spv, in corso di costruzione, collegherà Montecchio Maggiore (Vicenza) a Spresiano (Treviso) lungo 94 km, più 68 di viabilità secondaria per un consumo totale di 823 ettari: + 7,5% di suolo urbanizzato nei comuni interessati. Si tolgono terreni per l’asparago doc di Bassano, i vini di Breganze e altri prodotti a km zero. «In aggiunta – riprende Guarda – si sta verificando un grave disequilibrio idrogeologico: la superstrada è interrata e va a intaccare la zona di ricarica di falda. Tra Malo e Castelgomberto si è creata una voragine di 12 metri e una contaminazione di Pfas nelle acque. Sono questioni di cui si sta interessando la Commissione europea. Il tutto, poi, per un pedaggio salatissimo: percorrere 95 km costerà 16,80 euro».

A volte ritornano

Suolo sotto attacco per penuria di strade anche in Lombardia, dove ciclicamente, da trent’anni, torna in auge l’ipotesi di autostrada Cremona-Mantova. L’ultima revisione progettuale prevede 66 km per un costo di 883 milioni. Il Coordinamento comitati no autostrade Cr-Mn e Tibre contesta il progetto, stimando costi per 1,9 miliardi e un’impermeabilizzazione di 1.550 ettari di suolo. L’alternativa proposta è l’ammodernamento della statale 10, da Cremona a Mantova, per una spesa di 78 milioni e un consumo di suolo di 8 ettari. Un no all’autostrada è arrivato anche dagli esponenti cremonesi di Articolo Uno. Altri progetti invasivi sono il proseguimento della Pedemontana lombarda, da Lentate a Vimercate, e al confine col Piemonte la superstrada Vigevano-Malpensa. «In realtà sarebbe Ozzero-Magenta – puntualizza Agnese Guerreschi del circolo Legambiente Terre di Parchi (Abbiategrasso) – Può davvero essere di interesse nazionale un collegamento tra questi due comuni? Il fatto è che siamo nel bacino elettorale del ministro al Turismo, Massimo Garavaglia. Il progetto, nato con la scusa dell’accessibilità a Malpensa, è stato concepito male. Abbiamo vinto il ricorso al Tar contro il Cipe, che aveva eluso la Via. Ora ci riprovano limitandosi a una tratta. Non servirebbe per Malpensa ma è un grimaldello per realizzare a ovest una tangenziale esterna a Milano, la Toem. I leghisti insistono ma c’è contrarietà sul territorio, anche da Comuni guidati dal centrodestra». La lunghezza è di 19,2 km al costo di 419 milioni, la superstrada transiterebbe in terreni agricoli contigui al Naviglio grande e alle ville storiche, tutti in zona Parco del Ticino e Parco agricolo Sud Milano.

 

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