A Bazzano di Spoleto, a Treviso e a Capannoli, provincia di Pisa, esiste un posto molto speciale: è il ‘telefono del vento’. A vederla in lontananza si direbbe una di quelle vecchie cabine telefoniche che si utilizzavano un tempo: dentro il telefono c’è, ma la connessione è quella portata dal filo del ricordo e dell’amore che ci lega a chi non c’è più.
Il “telefono del vento” serve per parlare ai cari defunti, alle persone scomparse: un modo per dare voce al dolore ed elaborare il lutto. L’idea nasce in Giappone, ma oggi esiste in diversi luoghi del mondo.
Kaze No Denwa: il ‘telefono del vento’ nato in Giappone
Nel 2010 Itaru Sasaki perde il cugino, a causa del cancro. Progettista di giardini e designer, Sasaki pensa a un luogo dove poter immaginare una forma di comunicazione: un filo capace di legare insieme il qui e l’infinito. A essere utilizzata fu una vecchia cabina telefonica, posizionata a Ōtsuchi, nella prefettura di Iwate. Al riguardo Itaru Sasaki spiegò: “Poiché i miei pensieri non potevano essere trasmessi su una normale linea telefonica, ho voluto che fossero portati dal vento”.
L’anno successivo, 11 marzo 2011, un terremoto devastante sconvolge la regione di Tōhoku uccidendo oltre 15mila persone: il dolore di uno si moltiplica in un lutto che scuote l’intera comunità. Il sisma, con epicentro in mare, è stato classificato come il più potente mai accaduto nella storia del Giappone, in grado di creare un terribile tsunami, con onde alte 40 metri.
Da allora Kaze No Denwa, il “telefono del vento”, dopo la tragedia del 2011, fu aperto al pubblico e innumerevoli sono stati i visitatori, nipponici e stranieri, entrati fra le sue pareti, come ha raccontato Itaru Sasaki nel suo libro, pubblicato nel 2017. Oltre ai documentari prodotti sul progetto, in lingua italiana possiamo ritrovare il “telefono del vento” al centro delle vicende del romanzo ‘Quel che affidiamo al vento’, della scrittrice Laura Imai Messina.
Il “telefono del vento” in Italia
Da pochissimo il progetto del “Telefono del vento” è presente anche nella realtà spoletina. Si tratta di una cabina telefonica, dipinta di azzurro, nel verde di Bazzano Inferiore (Spoleto) ed è stata realizzata dalla Fondazione Amen con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto. L’idea concretizza un luogo pensato per rendere possibile una comunicazione impossibile fra qui e aldilà, fra il mondo di tutti i giorni e il mondo del silenzio di chi scompare. Ma non solo.
Stefano Andreini, presidente della Fondazione Amen, ha condiviso un ricordo di bambino, quando scriveva al nonno morto improvvisamente lettere che poi bruciava: dentro il gesto c’è l’intenzione, e insieme il bisogno, di affidare all’invisibile tutte le parole non dette, il racconto degli eventi, le emozioni capaci di travolgere e sopraffare.
Stefano Andreini spiega che, una volta a conoscenza del progetto, nato in Giappone, ha desiderato portare anche nella sua realtà, legata alla città di Spoleto, il “telefono del vento”, un luogo che non riguarda solo la memoria personale, ma possiede anche una funzione sociale.
Nella cabina è presente un libro, dove è possibile lasciare appunti, condividere pensieri e, nel caso, anche richieste di aiuto: a monitorare c’è la disponibilità, gratuita, della Fondazione e di un team di psicologi che forniranno ascolto e supporto.
In Italia oltre al “telefono del vento” di Spoleto, il progetto esiste in Toscana, Piemonte, Veneto e Lombardia. La cabina telefonica bianca di Capannoli (Pisa) è situata sulla collina di San Pietro Belvedere, con una vista panoramica sulla Valdera ed è stata inaugurata il 21 dicembre 2023.
Nella regione Veneto il “telefono del vento” è collocato nei giardini di Sant’Andrea, a Treviso. Inoltre, è possibile trovare un “telefono del vento” nell’Oasi delle Oche di Alzano, in provincia di Bergamo. L’iniziativa è stata realizzata dopo le perdite durante il difficile periodo del Covid ed è riuscita a tradurre in un gesto concreto un incontro nato sul web, infatti la realizzazione del progetto si deve a Luca Barcella, amministratore del gruppo Facebook “Sei di Alzano Lombardo se…”, insieme a Mino Patelli.
Oggi i “telefoni del vento” esistono in moltissimi luoghi del mondo, dall’Irlanda alla California. La loro presenza ci ricorda che il bisogno di un dialogo con chi non c’è più apre anche la comunicazione con i nostri sentimenti più profondi, con la necessità di dialogare con la morte stessa e con le nostre paure. Salvifica, la parola che emerge è in grado di dare voce alla sofferenza e far uscire il dolore alla luce del sole, portandolo fuori da se stessi al mondo.