Dazi, la Cina apre il bazooka sugli Usa: tariffe aggiuntive al 34% e stretta su export legato alle terre rare. Tutte le mosse di Pechino

Roma, 4 aprile 2025 – La Cina schiera il bazooka nella guerra dei dazi. Al fuoco di Trump risponde con il fuoco, seguendo la linea delle misure “paritarie” anticipata ieri. E forse qualcosa in più. La raffica di ritorsioni colpisce gli Stati Uniti che meno di 48 ore fa hanno annunciato tariffe ulteriori al 34% nei confronti del Dragone, nella famosa tabella dove il presidente americano sosteneva che Pechino imponesse dazi al 67% sui prodotti Usa.

Mentre la Ue studia ancora una risposta, con von der Leyen che ieri ha spiegato di prediligere la via della trattativa, la Cina cerca un accerchiamento in quattro mosse. A cominciare dall’imposizione di tariffe aggiuntive al 34% sulle importazioni dagli Stati Uniti, replica diretta e di pari importo alla scure fatta scendere dagli Usa.

Shanghai, gente cammina davanti a un megaschermo con le ultime notizie di Borsa (Ansa)
epa11955835 People walk in front of a large screen displaying the latest stock exchange and economy data, in Shanghai, China, 11 March 2025. Asian stock markets plunged amid concerns over a potential recession in the US triggered by President Trump’s tariffs. EPA/ALEX PLAVEVSKI

Le quattro mosse di Pechino

Prima mossa, ‘tit for tat’, pan per focaccia. Il Ministero del Commercio cinese ha dichiarato che la tariffa sarà imposta su tutti i beni importati provenienti dagli Stati Uniti a partire dal 10 aprile. Lascia quindi qualche giorno di margine per eventuali trattative, in modo da scongiurare l’eventuale escalation. Dopo il 34% aggiuntivo annunciato nella tabella di Trump, i prelievi sulle esportazioni cinesi sono destinati a salire a oltre il 60%.

Mossa due: Pechino imporrà controlli sulle esportazioni di sette “articoli correlati alle terre rare”, tema caldo del momento caro a Donald Trump che sui minerali e la Groenlandia ha aperto una crisi diplomatica con la Danimarca. Nel mirino anche samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio diretti verso gli Stati Uniti. La ritorsione, a differenza dei dazi aggiuntivi, scatta a partire da oggi, 4 aprile.

L’obiettivo, recita una nota del ministero delle Finanze, è “quello di salvaguardare meglio la sicurezza e gli interessi nazionali e di adempiere agli obblighi internazionali come la non proliferazione”.

Terza ritorsione, con avvertimento politico: il ministero ha inoltre deciso di proibire, sempre da oggi, l’esportazione di articoli a duplice uso verso 16 aziende, che includono High Point Aerotechnologies, Universal Logistics Holdings e Source Intelligence. Tutte le attività d’esportazione in corso dovranno essere immediatamente interrotte. Infine, 11 aziende statunitensi sono state aggiunte alla lista delle entità considerate inaffidabili per la vendita di armi a Taiwan, considerata dalla Cina “una provincia ribelle” da riunificare. 

Infine, quarta pedina in azione sullo scacchiere, Il Dragone ha annunciato di aver presentato ricorso presso l’Organizzazione mondiale del commercio per i nuovi dazi statunitensi. Ieri il ministero del Commercio aveva bollato come “un atto di bullismo unilaterale” l’annuncio dei dazi da parte dell’amministrazione Trump, esortando Washington a rimuoverli “immediatamente” e a risolvere eventuali controversie attraverso un “dialogo equo e paritario” con i partner.

Borse e petrolio

I mercati, già appesantiti dagli annunci doganali di Donald Trump, hanno subito reagito alle mosse di Pechino. Borsa italiana e le piazze europee accentuano le loro perdite in una giornata drammatica sui listini. I prezzi del petrolio sono crollati ulteriormente, con un calo di oltre il 5%. Il prezzo di un barile di Brent del Mare del Nord, con consegna a giugno, è sceso intorno alle 13 del 4,99% a 66,64 dollari, dopo aver toccato il minimo da dicembre 2021, a 66,53 dollari. Un barile di West Texas Intermediate, il benchmark americano, con consegna a maggio, è sceso del 5,23% a 63,45 dollari.

L’analisi del Wall Street Journal

Secondo il board editoriale del Wall Street Journal l’esasperata linea protezionistica di Trump si tradurrà in costi più elevati per le aziende e i consumatori americani, portando a una “graduale erosione della competitività americana”. In un editoriale pubblicato ieri, gli analisti del quotidiano americano si sono detti convinti che la guerra commerciale di Trump porterà alla fine della leadership economica americana a livello globale. E la nuova era segnata dal principio di “ogni nazione per sé” potrebbe fornire alla Cina l’opportunità di corteggiare gli alleati americani. Giappone e Corea del Sud in primis, ma anche l’Unione europea. Pechino potrebbe sfruttare il caos generato dalla politica commerciale trumpiana per occupare la posizione di faro, ancora di stabilità negli scambi a livello mondiale. Un ruolo che la metterebbe, di fatto, al centro degli equilibri globali.