
L’Unione Europea si conferma un consumatore importante di materie prime derivate dalla deforestazione illegale e dal degrado forestale. Nella Giornata internazionale delle foreste, che si celebra ogni anno il 21 marzo, Legambiente lancia un nuovo appello per fermare l’espansione dei terreni agricoli. E rendere più sostenibili i nostri consumi
Foreste, produzioni e consumi sostenibili è il tema della Giornata internazionale delle foreste che si celebra come ogni anno, dal 2012, il 21 marzo. Un tema utile a ricordare che le foreste sono ecosistemi fondamentali ma che continuano a essere minacciate da deforestazione e degrado forestale a causa dell’espansione dei terreni agricoli per la produzione di materie prime che poi noi consumiamo: carne, legno, olio di palma, sosia, cacao, caffè.
La deforestazione e il degrado forestale avanzano a ritmi allarmanti in tante aree del Pianeta e aggravano gli effetti dei cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità a livello globale, e solo la gestione forestale sostenibile e responsabile delle foreste può garantire un freno a queste minacce. Ma sono i nostri comportamenti virtuosi, acquistando prodotti di origine forestale certificati e riducendo i consumi di quei prodotti di dubbia provenienza che hanno una incidenza negativa sulle foreste, che possono frenare questi fenomeni.
La deforestazione e il degrado forestale avanzano a ritmi allarmanti in tante aree del Pianeta e aggravano gli effetti dei cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità a livello globale
Secondo il rapporto del 2020 della Fao solo dal 1990 a oggi sono stati deforestati 4.200.000 km2 soprattutto in Paesi come Brasile, Indonesia, Argentina, Bolivia, Colombia, Perù, Camerun, Guinea Equatoriale, Gabon e Liberia, dove il disboscamento illegale rappresenta fra il 50 e l’80% delle attività forestali. La deforestazione, il commercio illegale, il degrado forestale e la semplificazione forestale sono tutti aspetti di un fenomeno che si aggrava a causa dei tagli selettivi di piante commercialmente di maggiore valore, dal pascolo eccessivo, dall’attività venatoria illegale, dagli incendi e da altri fenomeni che provocano perdita di biodiversità forestale e la riduzione della resilienza degli ecosistemi.
Deforestazione, le colpe dell’Ue
L’Ue è un consumatore importante di materie prime e si stima che i consumi nei suoi Paesi membri siano responsabili del 10% della deforestazione globale che avviene prevalentemente al di fuori dei confini europei. Secondo uno studio del 2013 della Commissione europea, l’Ue è stata la maggior responsabile di deforestazione fra il 1990 e il 2008 per la produzione di materie prime, soprattutto olio di palma (18% del mercato internazionale), soia (25%), carni bovine (15%), pellame (31%) e altro ancora come mangimi e biocarburanti. Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Olanda sono i Paesi che importano il 75% dei prodotti illegali che entrano in Europa, consumandone il 63%.
I settori maggiormente coinvolti sono le industrie che utilizzano legno (edilizia, carta e imballaggi, biomasse per uso energetico), il settore delle estrazioni minerarie che incide sul disboscamento in maniera frequente, l’allevamento per soddisfare la domanda di carne (ad esempio la bresaola) e quello dell’industria conciaria. A questi settori si aggiungono, la coltivazione della soia usata per produrre mangime per animali e per l’alimentazione umana e la cosmesi, l’agricoltura legata a coltivazioni industriali di altri alberi per produrre la gomma naturale (caucciù), l’olio di palma e il cacao.
La campagna #Together4Forests
Per limitare le importazioni di materie prime legate alla deforestazione e rafforzare la tracciabilità dei prodotti di origine forestale immessi nel mercato europeo, lo scorso 17 novembre la Commissione europea ha adottato un Regolamento per aumentare la domanda e gli scambi di materie prime e di prodotti legali e a deforestazione zero da parte dell’Ue. Questo Regolamento è una prima risposta alle sollecitazioni giunte dalla comunità scientifica e dalla società civile che si sono mobilitate per interventi concreti da parte delle istituzioni europee. Oltre un milione di cittadini europei, tra settembre e dicembre dello scorso anno, infatti, si è mobilitato con la campagna #Together4Forests, sostenuta da 160 organizzazioni europee, tra cui anche Legambiente, per chiedere una normativa europea capace di limitare le importazioni di materie prime legate alla deforestazione e di rafforzare la tracciabilità dei prodotti di origine forestale immessi nel mercato europeo.
Mercato della carne/bresaola
L’esportazione di carne è un serio pericolo per la sopravvivenza delle foreste. Il rischio di deforestazione legato alle esportazioni di carne viene stimato in 73.000-74.700 ettari all’anno, su un totale di 480.000-520.000 ettari annui (poco meno della superficie della Liguria) associati all’allevamento di bestiame. Il Brasile da solo produce circa 10 milioni di tonnellate di carne, di queste circa 120.000 sono dirette all’Unione Europea, e un quinto (17%) della carne bovina importata dal Brasile è legato alla deforestazione illegale (in Amazzonia e in Cerrado). L’Italia, con un import tra le 25.000 e le 30.000 tonnellate, è il primo importatore europeo di carne bovina fresca e surgelata dal Brasile. Recentemente l’agenzia governativa brasiliana Ibama, che si occupa delle terre dei popoli indigeni della foresta, ha attribuito al colosso brasiliano della carne Jbs l’acquisto di 59.000 capi bovini allevati in terre interdette al pascolo in quanto deforestate illegalmente. Compagnie legate a Jbs vengono indicate come responsabili di deforestazione per almeno 30.000 ettari l’anno. Di recente Jbs ha acquisito al 100% l’azienda Rigamonti, celebre marchio che produce bresaola della Valtellina Igp. Il celebre salume però ha ben poco di italiano in realtà: a oggi il 70% della carne per la produzione di bresaola Igp utilizza materia prima proveniente dal Sud America.
Soia
La soia è il secondo maggiore driver di deforestazione al mondo dopo l’allevamento bovino. Il Brasile è diventato una potenza globale di produzione di prodotti agroalimentari, producendo il 30% della soia mondiale. L’Ue è il secondo maggiore importatore di soia al mondo, dopo la Cina. Un quinto della soia importata in Ue dal Brasile (prodotta in Amazzonia e Cerrado) è legata a deforestazione illegale. Due milioni di tonnellate di soia coltivate in zone deforestate illegalmente raggiungono ogni anno i mercati Ue, 500.000 di queste provengono direttamente dall’Amazzonia. Le importazioni italiane di soia hanno indotto una deforestazione media di circa 16.000 ha/anno.
Caffè
Il caffè è secondo solo all’acqua nella classifica delle bevande più consumate al mondo e la domanda continuerà a crescere. Per questo è stato stimato che, entro il 2050, ci sarà bisogno di dedicare al caffè una superficie di cui il 60%, oggi, è coperta da foreste. Si tratta, anche in questo caso, di migliaia di ettari di un habitat fondamentale per il pianeta che dovranno essere riconvertiti in terreni coltivabili entro i prossimi 30 anni.
Legno
La deforestazione potenziale associata all’import italiano di legno e prodotti derivati tra il 2010 e il 2018 oscilla complessivamente tra 99.135 ha (stima per difetto) e 313.896 ha (stima per eccesso), il 95% dei quali dovuti all’import diretto. Il Sud America rappresenta la regione che contribuisce in maggior misura (71-75%) alla deforestazione potenziale associata all’import italiano, seguita da Africa (10-11%) e Russia (8-13%), mentre il contributo dei Paesi del sud est dell’Asia (7%) e quello dell’import indiretto attraverso la Cina (5-6%) sono pressoché equivalenti.
Pellame
Comprare pellame in Brasile significa essere di fronte a un alto rischio di avere a che fare con la deforestazione. L’Ue acquista 80.500 tonnellate di pelle dal Brasile – circa il 20% dell’import globale – gran parte dei quali ricavati da zone deforestate illegalmente. L’Italia è il secondo maggiore importatore al mondo di pelli dal Brasile, dopo la Cina. Secondo il dipartimento Foreste e Studi Ambientali di Yale, oggi l’allevamento di bovini è il principale motore della deforestazione in Amazzonia, responsabile per circa l’80% dell’attuale tasso di deforestazione tropicale. In Amazzonia brasiliana si trovano circa 200 milioni di bovini, che ne fanno il più grande esportatore al mondo.
Olio di palma
L’olio di palma è prodotto principalmente in Indonesia (46 per cento della produzione mondiale) e in Malesia (34 per cento). L’espansione delle colture della palma da olio è da tempo associata alla deforestazione. Uno studio recente ha concluso che il 45 per cento delle piantagioni di palma da olio analizzate nel Sud est asiatico si trova in regioni che nel 1989 erano ancora foreste.
Cacao
Una ricerca della Ong Mighty Earth evidenzia che, negli ultimi decenni, la Costa d’Avorio e il Ghana hanno perso quasi il 90% del loro patrimonio forestale proprio a causa della coltivazione del cacao. Dal 2019, anno in cui la Cocoa & Forests Initiative (Cfi) ha annunciato l’impegno di porre fine alla deforestazione, Costa d’Avorio e Ghana hanno perso rispettivamente il 2% e il 3,9% della loro copertura forestale. L’area disboscata equivale alla superficie di Madrid, Seoul o Chicago. L’analisi dei dati satellitari e le visite sul campo hanno rivelato che dal 2019 il Ghana ha perso 39.497 ettari di foresta e la Costa d’Avorio 19.421 ettari nelle regioni di coltivazione del cacao.
*fonti dei focus
- Mighty Earth
- Pettenella D., Masiero, M., a cura di, 2020, Deforestation made in Italy. Le responsabilità delle imprese e dei consumatori italiani nella deforestazione dei paesi tropicali. ETIFOR Srl – Spin-off dell’Università di Padova. Padova, Italia
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