Ghedi e Aviano, le basi italiane dove si trovano 35 bombe atomiche Usa

L’Italia ospita il più alto numero di bombe atomiche statunitensi tra i Paesi dell’Unione Europea. Secondo il Nuclear Weapons Ban Monitor 2024, sono oltre 35 le testate nucleari custodite nelle basi di Ghedi, in Lombardia, e di Aviano, in Friuli Venezia Giulia. Si tratta di armamenti di esclusiva proprietà degli Stati Uniti, detenuti nel nostro Paese nell’ambito della condivisione nucleare della NATO. La base militare di Ghedi, situata a circa 25 chilometri da Brescia, si estende per oltre 10 chilometri quadrati ed è sede di una flotta di 30 cacciabombardieri F-35, velivoli progettati per il trasporto e il lancio di armamenti nucleari.

Ad Aviano, base attiva fin dal 1955 grazie a un accordo bilaterale tra Italia e Stati Uniti, si troverebbero tra le 20 e le 30 testate, mentre a Ghedi tra le 10 e le 15. Le armi stoccate sono le nuove B61-12, parte di un ampio programma di modernizzazione dell’arsenale nucleare americano. «Sono le testate B61-12 che fanno parte di un programma di ammodernamento dell’arsenale nucleare Usa», spiega il giornalista ed esperto militare Antonio Mazzeo.

Le B61-12, armi nucleari di nuova generazione

Le nuove testate B61-12 sostituiscono le precedenti versioni a caduta libera. “Si tratta di testate nucleari che possono essere portate sui cacciabombardieri. Sono state rese regolabili, quindi possono avere una potenza distruttiva diversa in base all’uso e che può arrivare fino a una potenza quattro volte superiore a quella di Hiroshima”, aggiunge Mazzeo. Grazie a un sistema di guida sviluppato da Boeing, le testate sono ora in grado di colpire obiettivi a grande distanza e con estrema precisione. Il loro potenziale distruttivo varia da 0,3 a 50 chilotoni, ma in caso di detonazione sotterranea può raggiungere i 1.250 chilotoni, ossia circa 83 volte la potenza della bomba sganciata su Hiroshima.

Secondo Mazzeo, queste testate sono pensate per colpire obiettivi in profondità, come il deposito nucleare iraniano di Fordow, e in generale per un impiego in “guerre nucleari limitate”, evitando — almeno teoricamente — un conflitto su scala globale. Tuttavia, l’esperto avverte: “Nessuno può escludere che anche altre basi presenti in Italia possano essere utilizzate come strutture di transito per testate nucleari”.

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