L’amore? È un punto interrogativo. Anzi, due occhi sgranati, un iceberg, un torero davanti ad una farfalla, una fantasia senza controllo. O almeno questa è la visione che ne hanno gli Soundcheck, il format musicale disponibile sul sito e sui social del nostro giornale, per parlare de “L’amore è tutto”, quinto capitolo di un percorso discografico varato nel 2014 presentato al Parco Sempione di Milano. Nella versione in vinile dell’album pure i tarocchi per leggere ila futuro.
Eugenio in Via Di Gioi a, ospiti di“Difficile spiegare a parole quello che per noi è stato un parto durato tre anni” raccontano Eugenio Cesaro, Emanuele Via, Paolo Di Gioia e Lorenzo Federici, che nel disco trovano pure la complicità di uno stuolo di amici tra cui Pacifico e il producer Okgiorgio. “Ci pensano le canzoni a parlare per noi, visto che abbiamo deciso di dare spazio alle melodie e all’armonia, mettendo in musica quello che per noi è quotidianità”.
Dedicato “agli eroi che avranno il coraggio di scoprirsi diversi” come li definisce il testo dell’iniziale “Un’altra America”
“Questa è un po’ l’immagine che ci siamo voluti regalare. Come se, ad un certo punto, ci fossimo resi conto che avere del tempo da perdere è una grande ricchezza e sentirsi diversi può essere un’altra grande ricchezza, basta non sentirsi giudicati”.
Siete un gruppo “condannato” a sorprendere. E pure per presentare “L’amore è tutto” non avete deluso le aspettative
“Cerchiamo sempre di creare delle situazioni estemporanee che stupiscano innanzitutto noi, sfruttando pure le nuove tecnologie per mettere assieme le persone. Abbiamo conosciuto i ragazzi di Agami, piattaforma cloud per il suono immersivo, che riescono ad aprire a qualsiasi latitudine piccoli cerchi di 5 metri di diametro in cui poter ascoltare contenuti speciali. Assieme a loro abbiamo organizzato i preascolti di questo nuovo album”.
Dove?
“In oltre una ventina di siti italiani ed esteri come Tokyo, alla Tokyo Tower, o Brisbane, davanti al mare, come Berlino, alla Porta di Brandeburgo, o Chicago, al Giardino Botanico. In Italia abbiamo puntato innanzitutto su città in cui è passata la nostra storia, a cominciare da piazza Carignano a Torino, dove abbiamo iniziato il cammino suonando per la strada, o alla stazione Gioia della metro di Milano appositamente trasformata per l’occasione in M2 Eugenio in Via Di Gioia. Fra le altre, Palermo, dov’è stato registrato il disco, e Perugia, dove il 4 aprile variamo il nuovo tour nei locali, atteso il 7 pure al Fabrique”.
Per lanciare il primo “Buio” avete aderito al progetto “Canzoni al telefono”
“L’idea è venuta quattro anni fa al producer torinese Didie Caria e consiste nella possibilità di regalare ad una persona cara l’esecuzione dal vivo di una canzone da parte dell’artista che l’ha scritta. Oddio, ci può essere sempre il rischio che la fidanzata a cui fai dedicare il brano poi s’innamori dell’artista che gliela sta cantando, ma questi sono inconvenienti collaterali imprevisti e imprevedibili”.
Lo scorso anno gli Eugenii hanno duettato con Willie Peyote “Farò più rumore del ratatata”, brano legato a doppio filo con la vicenda di Toomaj Salehi, rapper iraniano prima condannato a morte nel suo paese e poi assolto
“Pure il nuovo album tocca temi legati all’individuo, all’interiorità, ma in quel caso eravamo rimasti colpiti dalla condanna di Salehi per aver criticato nelle sue canzoni un regime opprimente e abbiamo deciso di averlo con noi nel disco grazie all’intelligenza artificiale. Una volta liberato, siamo sentiti nella speranza di poter riuscire finalmente a cantarla assieme per davvero”.
Eugenio, Emanuele, Paolo, Lorenzo, le tante voci che il tempo ci ha tolto, quali vorreste riavere indietro grazie all’Ia?
“Quella di John Lennon”. “Di Lucio Dalla”. “Di Rino Gaetano”. “Di Jim Morrison”.