Articolo del Dr. Matthew Wielicki – Lunedì 10 Febbraio 2025
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L’editoria scientifica è da tempo orgogliosa del rigore… almeno in teoria. La peer review dovrebbe fungere da firewall, garantendo che solo i risultati che soddisfano rigorosi standard statistici e metodologici vengano inseriti in riviste prestigiose. [enfasi, link aggiunti]
Conosco questo processo in prima persona, avendo passato anni a rivedere documenti accademici e proposte di finanziamento.
La significatività statistica è il fondamento della validità scientifica, senza di essa i risultati sono rumore senza significato.
Personalmente ho rifiutato molti manoscritti che non soddisfacevano questi standard, sapendo che pubblicare risultati incerti o statisticamente insignificanti serve solo a confondere le acque del discorso scientifico.
Eppure, quando si tratta di scienza del clima, sembra che i principi fondamentali della significatività statistica vengano ignorati a favore di narrazioni allarmistiche.
Prendiamo l’ultimo esempio di Nature Geoscience, una rivista che dovrebbe, in linea di principio, sostenere i più alti standard accademici. La loro recente pubblicazione sulla calotta glaciale della Groenlandia afferma esplicitamente:
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In qualsiasi altro settore, tale ammissione sarebbe di per sé motivo di rifiuto. Se la variazione rientra nell’incertezza di misura, per definizione non vi è alcun risultato statisticamente significativo.
Eppure il documento non solo è stato accettato, ma da allora è stato trasformato in titoli apocalittici in testate come The Independent e Earth.com, sostenendo che la calotta glaciale della Groenlandia si sta “incrinando e sta letteralmente cadendo a pezzi a un ritmo molto allarmante”.
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Dove sono gli autori che correggono questa falsa dichiarazione? Silenzio.
Dove sta Nature Geoscience assicurando che la sua pubblicazione non venga utilizzata per alimentare la disinformazione? Non si trova da nessuna parte.
Questa non è solo cattiva scienza… è una frode accademica.
Quando le riviste permettono che risultati statisticamente insignificanti siano inquadrati come significativi e gli scienziati stanno a guardare mentre i media distorcono il loro lavoro, tradiscono le fondamenta stesse dell’integrità scientifica.
Le conseguenze? Un pubblico che diffida sempre di più della scienza, e giustamente.
Il complesso industriale climatico e il suo ruolo nell’inganno
Questo non è solo un incidente una tantum. È una caratteristica, non un difetto, del moderno complesso climatico-industriale.
La relazione simbiotica tra il mondo accademico, i media e i responsabili politici assicura che anche il più debole degli allarmismi climatici trovi un pubblico globale.
E c’è una ragione per questo: i soldi e il controllo.
La scienza del clima è diventata un’industria multimiliardaria. Le sovvenzioni vanno ai ricercatori che producono risultati “allarmanti”, anche se tali risultati sono pieni di incertezza o di vere e proprie contraddizioni.
Riviste come Nature Geoscience traggono vantaggio dalla pubblicazione di studi che attirano i titoli dei giornali e che guidano il traffico e le citazioni, anche se tali studi verrebbero respinti in qualsiasi campo che valorizzi ancora l’integrità statistica.
Nel frattempo, i media prosperano sulla paura.
Un titolo che dice “La calotta glaciale della Groenlandia potrebbe non cambiare in modo significativo” non genererà clic. Ma se si afferma che sta “cadendo a pezzi a un ritmo allarmante”, all’improvviso è una notizia da prima pagina.
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E poi c’è la classe politica, che usa questo ciclo infinito di allarmismo per giustificare politiche draconiane.
Tasse sul carbonio, mandati di emissioni Net Zero, restrizioni su fonti energetiche affidabili… Tutto ciò è giustificato da un complesso scientifico-industriale che non si preoccupa più della verità, ma solo di sostenerne l’influenza.
La complicità silenziosa degli scienziati
So in prima persona cosa succede a coloro che sfidano la narrativa dominante. Quando ho parlato contro la politicizzazione della scienza del clima e l’infiltrazione dell’ideologia DEI nel mondo accademico, sono stato costretto a lasciare la mia posizione all’Università dell’Alabama.
Non importava che le mie critiche fossero radicate nel rigore scientifico… Mettere in discussione l’establishment è stato sufficiente per fare di me un bersaglio.
La mia esperienza non è unica; Molti ricercatori sanno che il loro lavoro viene travisato, ma rimangono in silenzio, spaventati dalle conseguenze professionali e personali di una denuncia.
Fonte: Climate Change Dispatch
Fonte: IL CLIMATOLOGO ESPONE COME LA SCIENZA DEL CLIMA SPAZZATURA GUIDI LA MACCHINA DELLA PAURA DA UN MILIARDO DI DOLLARI (Autore: Enzo Ragusa)
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