
Articolo di Enzo Ragusa – Venerdì 7 Marzo 2025 – Tempo di lettura 4 minuti
Divulgatore scientifico
Un recente studio pubblicato nel 2024 sulla rivista Results in Earth Sciences, intitolato Climate Change: Solar Variability Impact, firmato dal ricercatore J.N. Black, propone una visione alternativa sul riscaldamento globale. Mentre una parte della comunità scientifica attribuisce l’aumento delle temperature terrestri alle emissioni di CO2 di origine antropica, Black sostiene che la variabilità solare sia il vero motore del cambiamento climatico, relegando la CO2 a un ruolo marginale o addirittura trascurabile.
La variabilità solare sotto i riflettori
Il cuore della tesi di Black si basa sull’analisi dell’irraggiamento solare totale (TSI), ovvero la quantità di energia che il Sole emette verso la Terra, e sui cicli solari che si ripetono ogni 11 anni, oltre a variazioni su scale più lunghe. Utilizzando ricostruzioni paleoclimatiche e dati moderni, lo studio evidenzia come periodi storici di riscaldamento o raffreddamento – come il Periodo Caldo Medievale (circa 950-1250 d.C.) e la Piccola Era Glaciale (circa 1450-1850 d.C.) – corrispondano a picchi o cali dell’attività solare. Ad esempio, il Massimo Medievale Solare, con un TSI stimato leggermente superiore alla media, coincide con temperature più elevate in diverse regioni, mentre il Minimo di Maunder, un periodo di bassa attività solare, è associato al freddo intenso della Piccola Era Glaciale.
Black estende questa correlazione al presente, suggerendo che il riscaldamento globale osservato negli ultimi decenni – culminato nel 2024 con un’anomalia di +1,5°C rispetto all’era preindustriale – possa essere il risultato di un’eredità del Massimo Moderno Solare, un periodo di elevata attività solare durato gran parte del XX secolo. Secondo l’autore, anche se il TSI è diminuito leggermente dagli anni ’80, gli effetti indiretti del Sole, come la modulazione della copertura nuvolosa tramite i raggi cosmici, potrebbero amplificare il suo impatto sul clima.
Una critica al ruolo della CO2
Uno degli aspetti dello studio è il ridimensionamento dell’effetto della CO2. Black sostiene che il forcing radiativo attribuito alla CO2 – stimato dall’IPCC a circa 2 W/m² dall’inizio dell’era industriale – sia gonfiato da modelli climatici che esagerano i feedback positivi, come l’aumento del vapore acqueo atmosferico. L’autore propone che l’assorbimento della radiazione infrarossa da parte della CO2 si avvicini a una saturazione spettrale: oltre una certa concentrazione (già raggiunta), ulteriori aumenti di CO2 aggiungono poco al bilancio energetico terrestre. Di conseguenza, il contributo della CO2 al riscaldamento sarebbe limitato, mentre il Sole, con un forcing potenzialmente più dinamico, dominerebbe la scena climatica.
Un confronto con il consenso scientifico
Il consenso scientifico, rappresentato dai rapporti dell’IPCC, attribuisce alla CO2 un ruolo centrale nel riscaldamento globale, supportato da misurazioni dirette (es. satelliti AIRS) che mostrano come il gas trattenga calore nell’atmosfera. Inoltre, i dati indicano che il TSI è in lieve declino dagli anni ’80, mentre le temperature continuano a salire, un’osservazione che sembra contraddire la tesi di Black. L’autore risponde a questa critica ipotizzando un ritardo nella risposta climatica: gli oceani, che immagazzinano e rilasciano calore su scale decennali, potrebbero riflettere ancora l’influenza dei picchi solari precedenti, mascherando il ruolo del Sole con un falso segnale attribuito alla CO2.
Implicazioni e domande aperte
Se la tesi di Black fosse corretta, le implicazioni sarebbero profonde: le politiche climatiche incentrate sulla riduzione della CO2 potrebbero essere meno efficaci di quanto si pensi, e l’attenzione dovrebbe spostarsi sullo studio dei cicli solari e dei loro effetti indiretti. Tuttavia, lo studio lascia alcune domande senza risposta. Ad esempio, come si concilia il declino del TSI negli ultimi decenni con il record di temperature del 2024? E quale meccanismo specifico potrebbe amplificare il forcing solare al punto da superare quello dei gas serra?
Abtract
Questo studio fornisce un’indagine penetrante degli effetti della concentrazione di anidride carbonica sulla temperatura dipendente dal tempo e sui flussi di energia sulla superficie del suolo soggetta all’irraggiamento solare. Mentre il riscaldamento globale ha un impatto significativo sulla vita umana, i fattori responsabili rimangono controversi. Questo lavoro considera la conduzione del calore unidimensionale instabile e il trasferimento di calore radiativo, comprese le componenti collimate e diffuse in funzione della longitudine, della latitudine e dell’altitudine. La radiazione diffusa dipende dalle diverse bande di assorbimento dell’anidride carbonica e del vapore acqueo, in funzione della lunghezza d’onda, della temperatura, delle concentrazioni o della pressione. I risultati previsti utilizzando il codice informatico COMSOL mostrano che gli effetti della concentrazione di anidride carbonica sulla temperatura superficiale del suolo sono trascurabili, ad esempio, su un periodo di 5 anni. La temperatura della superficie del terreno dipendente dal tempo dipende fortemente dall’assorbimento o dalla dissipazione della radiazione diffusa e dalla conduzione del calore. La radiazione diffusa ha un effetto di smorzamento sulla variazione di temperatura. Anche le variazioni di temperatura dovute all’assorbimento dell’irraggiamento solare nell’atmosfera sono trascurabili, nonostante l’irraggiamento solare sia molto maggiore della radiazione diffusa e della conduzione del calore. L’assorbimento o la dissipazione della radiazione diffusa dipende dalle bande di assorbimento dominanti centrate a 4,3 e 15 μm di anidride carbonica in tempi diversi. Questo studio, dal punto di vista della conservazione dell’energia, identifica la radiazione diffusa come un fattore critico che influenza il tasso di variazione della temperatura sulla superficie del suolo, senza assumere un equilibrio radiativo o termico o modellare la convezione. Una cattiva gestione di queste radiazioni ostacolerebbe gli sforzi per evitare siccità, scarsità d’acqua, incendi gravi, innalzamento del livello del mare, inondazioni, tempeste catastrofiche e perdita di biodiversità.
Fonte: Science Direct
Fonte: IL SOLE, NON LA CO2, COME CHIAVE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO: UNA NUOVA PROSPETTIVA SCIENTIFICA (Autore: Enzo Ragusa)
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