È uno dei tanti dati allarmanti che emerge dalla nuova mappa dei rischi umani e ambientali nelle produzioni di caffè, cacao, banane, uva e miele realizzata da Fairtrade. A livello globale un lavoratore su cinque vive in povertà
Una nuova mappa dei rischi umani e ambientali che si riscontrano nei principali Paesi produttori di caffè, cacao, banane, uva e miele. A pubblicarla lo scorso 25 gennaio è stato Fairtrade, sistema di certificazione nato per ridurre le ingiustizie del commercio internazionale attraverso pratiche di scambio più eque nei confronti di contadini e dei lavoratori dei Paesi in via di sviluppo.
Dalla mappa emerge che sono moltissime le filiere di approvvigionamento che celano grandi criticità, al punto che a livello globale un lavoratore su cinque vive in povertà, la produzione agricola è responsabile del 70 per cento dei prelievi di acqua dolce nel pianeta e il lavoro minorile sta aumentando.
La mappa è stata pensata da Fairtrade affinché chiunque, dagli agricoltori alle organizzazioni dei lavoratori, dai marchi e le aziende alle ong, possa individuare le criticità più significative per le comunità e per le catene di approvvigionamento. Il sito creato da Fairtrade include anche informazioni dettagliate su rischi specifici identificati nelle commodities trattate, come il lavoro minorile, i diritti di genere e il reddito dignitoso, ma anche rischi ambientali legati al cambiamento climatico, all’acqua e alla biodiversità.
La trasparenza sulle problematiche dei lavoratori e dell’ambiente è un rischio anche per i produttori agricoli stessi: se le aziende non sono pronte a prendersi le proprie responsabilità potrebbero scegliere di tagliare le forniture piuttosto che affrontare il processo di mitigazione e di rimedio dei rischi insieme agli agricoltori e ai lavoratori. Per questo Fairtrade incoraggia le aziende ad informarsi sui rischi, e ad usare lo strumento come un’opportunità per avviare il dialogo con le organizzazioni di agricoltori e lavoratori con l’obiettivo di rendere le filiere globali più sostenibili. Molti elementi di criticità sono radicati nella povertà, nella disuguaglianza e nello sfruttamento: questo richiede uno sforzo collettivo da parte di aziende, agricoltori, lavoratori e governi e società civile per affrontarli nel lungo periodo. Per questo motivo, sebbene la certificazione riguardi il rispetto di determinati standard, la scelta di certificarsi non dovrebbe mai essere l’unica misura adottata da un’azienda per prevenire, mitigare e rimediare ai principali rischi nelle proprie catene di approvvigionamento.
Marike de Peña, presidente della Clac, organizzazione che raggruppa i produttori Fairtrade in America Latina, ha dichiarato: “La mappa dei rischi servirà a facilitare un dialogo trasparente tra gli attori delle filiere e aiuterà le aziende a costruire risposte efficaci per affrontare i rischi maggiori, evitando ulteriori danni alle comunità agricole e al pianeta”.
“Fairtrade è da più di trent’anni un’organizzazione apripista nel miglioramento i diritti umani nelle relazioni commerciali” ha dichiarato Tytti Nahi, direttrice del Fairtrade’s Business and Human Rights. “Il dovere di diligenza, o due diligence, non riguarda solo procedure interne e requisiti da chiedere ai propri partner commerciali: significa anche dialogo, collaborazione e disponibilità a cambiare le proprie pratiche per migliorare la vita delle persone e proteggere l’ambiente”.