Roma, 11 luglio 2025 – Dal campo largo alla tenda riformista: sono tutte strade da lei individuate per contrastare Meloni e la destra. Proviamo a delineare lo schema complessivo?
Goffredo Bettini è da decenni il guru-regista di tanti leader di oggi e di ieri della sinistra ex comunista e non solo. Ha sempre avuto anche il ruolo di pontiere interessato verso tutto quello che si muove nell’area del centro, cattolico e laico. “È lo schema che perseguo da sempre – esordisce, del resto, in questa conversazione –. Il campo largo progressista deve mettere assieme culture e sensibilità diverse. Deve conquistare e rendere protagonisti anche coloro che non si sentono di sinistra, ma semplicemente democratici, liberali, repubblicani, impegnati civilmente. La forza della sinistra italiana è stata quella di essere capace, al contrario di altri Paesi, di andare o pensare oltre se stessa”.
E questo vale anche oggi.
“Tanto più oggi ciò è necessario. Un’ulteriore vittoria di Meloni sarebbe davvero un cambiamento progressivo di regime. Autoritarismo interno, spaccatura dei sindacati e marginalità dei lavoratori, servilismo super atlantista; quando invece servirebbe un’Europa radicalmente diversa, autonoma e in grado tutta insieme di difendersi e di indicare la via per la pace. Ci sono troppi sonnambuli che camminano sull’orlo del precipizio. I sofismi, i distinguo, l’astrattezza dei giochi politici mi sembrano perfino immorali di fronte alle responsabilità storiche che ci cadono addosso. Oggi ci deve essere una sola parola sulla bocca dei saggi: unità per vincere”.

Quale dovrebbe essere il ruolo della tenda riformista e come andrebbe tirata su?
“La tenda riformista dovrebbe essere il contenitore di energie oggi disperse, anche di quelle deluse per il fallimento di un terzo polo democratico. Ma soprattutto la vedo come il luogo della libertà, spontaneità, valorizzazione delle esperienze civiche. L’Italia è il territorio delle città, dei Comuni; del lavoro manuale che nei secoli dopo il Mille ha unito il locale con l’universale. Lì c’è ancora il meglio della Nazione. Lì ci sono le nuove generazioni di una classe dirigente che nasce dal basso”.
Un’alleanza di esperienze civiche da mettere in rete.
“Vedo con simpatia questo processo. Lo ritengo compatibile con l’idea che da anni spingo in avanti circa l’alleanza. Onorato ha avuto il coraggio di accendere il motore. Ma io mi fermo qui. Auguro loro buon viaggio. Un viaggio autonomo, imprevedibile, consumato via via, arricchito dalle idee di piccole o grandi personalità che lo vorranno sostenere. Io non c’entro niente. Sono un uomo di sinistra e la mia formazione resta quella di un giovane che a 14 anni ha preso la tessera del Pci”.
C’è chi come Arturo Parisi, però, sostiene che lei sia rimasto al Fronte popolare e al partito guida.
“Ragiono su tutte le osservazioni che mi vengono rivolte. In questo caso, tuttavia, avverto un pizzico di sospetto e settarismo di troppo. A Roma, nel 1993, rifiutai la proposta dei socialisti di eleggermi sindaco nel vecchio consiglio comunale e spinsi per nuove elezioni proponendo Rutelli sindaco. Il risultato per il Pds fu deludente. Fui criticato nel partito. Ma vincemmo le elezioni. Fronte popolare? Da quella mia scelta nacque un grande leader politico, che Parisi ben conosce, perché è stato segretario della Margherita, il partito di cui anch’egli faceva parte. Non ho visto in tanti anni simili atti di generosità”.
Come vede in questo contesto il lavoro di tessitura di Elly Schlein?
“Elly Schlein è stata bravissima. La sostengo oggi molto più rispetto al congresso che la elesse. Allora pubblicamente non scelsi alcun candidato, perché era in campo anche Gianni Cuperlo, così fine e intelligente. Contribuii al confronto con i contenuti di un mio libro nettamente antiliberista. Oggi la segretaria ha raddrizzato un partito sfarinato. Ha vinto tante prove elettorali. Sta lavorando per l’unità dell’alternativa. Ha selezionato temi di grande impatto che interessano i cittadini. Oggi, per iniziativa di Andrea Orlando, si affronteranno ad altissimo livello i temi della ripresa dell’industria italiana. Vedremo che cosa accadrà in futuro: ma voler sminuire Schlein, per tagliarle le gambe prima del tempo, circa la legittima ambizione del Pd e della sua segretaria, di guidare un futuro governo diverso, mi sembra autolesionista e anche un po’ miserevole”.
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Non si rischia di ricreare l’Unione di Prodi e di avere lo stesso esito di allora?
“Penso di no. Allora fu un trenino di partiti e partitini. Troppo autocentrati e alla ricerca di visibilità. Oggi culture e formazioni democratiche diverse si potrebbero unire in un patto repubblicano in grado di inverare, rinnovandoli continuamente, i principi costituzionali: la sinistra, i cattolici democratici, Conte, un movimento civico e liberale. Li uniscono due parole, ora quanto mai in pericolo: giustizia e libertà”.
Un’ultima cosa: Calenda la invita a andare e a restare in Thailandia.
“Era una battuta… Rispondo con le sue parole: con il mondo in fiamme, posso prendermela con Calenda?”.