Meloni: il momento è difficile: “Sento molta pressione su di me”

Roma, 25 aprile 2025 – Laconica. Singolarmente sulle sue. Parla pesando le parole con il bilancino: “È un momento difficile, vediamo come va nelle prossime ore. Faremo del nostro meglio, sono consapevole di quello che rappresento e di quello che sto difendendo”. E poi si rifugia dietro l’ironia: “Non sento alcuna pressione addosso, come potete immaginare, nei miei prossimi due giorni”. A Villa Madama per la cerimonia di consegna dei Premi Leonardo 2025, la premier aveva appena incassato il supporto da ’Meloni fan club’ del presidente degli industriali, Emanuele Orsini: “Non è sola, gli imprenditori italiani e dell’Europa produttiva sono tutti con lei e sono fiduciosi per la missione che farà”. Antonio Tajani, seduto in platea, aveva rivendicato la strategia del governo: “Il danno lo ha fatto il panico. Avevamo ragione noi a chiedere calma”. Gli incoraggiamenti sono certo graditi, ma Meloni appare davvero preoccupata: ammette le asperità del faccia a faccia con Donald Trump che domani deve convincere a dialogare con l’Europa per rinunciare alle barriere commerciali, dopo due settimane di tensioni e mercati in subbuglio. “Abbiamo la forza di superare gli ostacoli: ne abbiamo superati di peggiori”.

La premier Giorgia Meloni

Rientrata a Palazzo Chigi, convoca i due vicepremier, Salvini e Tajani, e i ministri Giorgetti, Crosetto, Foti per dare gli ultimi ritocchi alla trasferta a Washington. Ma soprattutto spinge i suoi a ridimensionare la portata dell’evento. Ci pensa il sottosegretario di stretta osservanza Giovanbattista Fazzolari: “Il viaggio non è facile ed è ricco di insidie. Ma riportiamolo a quello che è: un incontro bilaterale tra Italia e Usa ed è giusto e doveroso che questo avvenga”. Le preoccupazioni sono di diversa natura: in parte con un tipo umorale e imprevedibile come il presidente americano non si può mai sapere come sarà l’accoglienza. Le previsioni sono ottimiste, si tratta della leader forse più vicina al trumpismo che ci sia in Europa e tuttavia il sospiro di sollievo arriverà solo a bilaterale consumato. Più fondata è la paura di un ritorno a casa senza poter vantare alcun risultato. Sotto questo aspetto, i pronostici non sono favorevoli, di qui il tentativo di derubricare il summit. La missione americana del commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, non è andata come auspicato, il pollice di Trump sulla zona di libero scambio Usa-Ue, cioè su quello che la premier dovrebbe proporre, resta all’ingiù. L’asso nella manica che Meloni proverà a giocare è farsi mediatrice in vista di un incontro Trump-von der Leyen: nella situazione data sarebbe un passo da gigante.

Sulla richiesta scontata di aumentare la spesa per la Nato, il capo del governo italiano dovrà restare sul vaghissimo: rivendicherà l’imminente traguardo del 2% ma si sa che per Trump è poco o niente. Il vice, JD Vance, che lei incontrerà a Roma venerdì, è gelido: “L’Europa non può essere il vassallo permanente degli Usa in termini di sicurezza. La maggior parte delle nazioni non ha forze armate in grado di garantire una difesa”. L’Italia non è fra le eccezioni: lo sa bene, Giorgia, che potrà però solo impegnarsi a “fare di più”, glissando su percentuali e date, perché cacciare altre decine di miliardi è impossibile oggi. Sul capitolo Cina, altro nodo nevralgico, il governo italiano è probabilmente quello più vicino alla visione degli americani, prudente sull’ipotesi di dialogo commerciale stretto con la Cina, spaventato dal rischio di una invasione della sovrapproduzione cinese tagliata fuori dal mercato Usa. Il problema è che l’Italia non è l’Europa: von der Leyen sta preparando un vertice Ue-Cina che dovrebbe tenersi a luglio, la presidente della Bce, Christine Lagarde ha in agenda un’escursione a Pechino, Germania e Spagna premono l’acceleratore in quella direzione. Insomma, Meloni non potrà dare garanzie. Chiederà anzi a Trump di fornire argomenti forti a sostegno della posizione italiana. Uno di questi sarebbe proprio un passo verso quella zona di libero scambio bocciata, chissà se senza appello, appena ieri.

Le cose potrebbero andare meglio sul fronte degli scambi tra il nostro paese e gli Stati Uniti e dei reciproci investimenti. L’eventualità di un bilaterale Italia-Usa positivo e di niente di fatto sul fronte principale, quello dei dazi, è realistica. Di qui, il tentativo, forse tardivo, di ridimensionare la vicenda. A chiarire qual è la reale posta in gioco ci pensa il Guardian: “È una missione che metterà alla prova l’influenza di Meloni su Trump”.