Unicredit e la partita su Banco BPM. Il Tar limita in parte il Golden Power

Milano, 12 luglio 2025 – Settantun pagine di sentenza con le relative motivazioni: così ieri il Tar del Lazio ha espresso le sue conclusioni sul ricorso di UniCredit, che contestava la legittimità del Golden Power esercitato dal governo per l’Ops su Banco BPM. In pratica, il Tar ha accolto le richieste della banca guidata da Andrea Orcel su due delle quattro prescrizioni del decreto del governo, richiedendo l’emissione di un nuovo decreto. “UniCredit – afferma un portavoce – accoglie con favore la decisione del Tar che ha accolto il suo ricorso, ritenendo illegittimo l’uso del Golden Power e richiedendo l’emissione di un nuovo decreto”. La stessa banca sottolinea che è una sentenza storica: è la prima volta che il Tar accoglie un ricorso di questo tipo contro l’utilizzo del Golden Power.

Dal canto loro, anche Governo, Mef e Banco BPM esprimono soddisfazione, sottolineando che la sentenza del Tar del Lazio conferma in larga parte la legittimità e dunque l’impianto del Golden Power in particolare nei suoi punti qualificanti, l’obbligo per UniCredit della dismissione degli asset in Russia entro 9 mesi e il mantenimento dei titoli italiani in Anima. Viene dunque riconosciuta la sicurezza economica come elemento di sicurezza nazionale, dicono fonti del Mef, mentre Banco BPM auspica che proprio alla luce della sentenza, UniCredit faccia chiarezza sulle proprie intenzioni in merito a una Ops che si chiuderà il 23 luglio, dopo oltre 8 mesi dall’annuncio.

Entrando del dettaglio delle 71 pagine della sentenza, il primo punto ’bocciato’ del provvedimento di Golden Power riguarda l’impegno a non ridurre per un periodo di cinque anni il rapporto impieghi/depositi praticato da Banco BPM e UniCredit in Italia. Una condizione, che di fatto, bloccherebbe il piano industriale compromettendo l’autonomia aziendale, e per cui il Tar ha disposto l’annullamento. La seconda contestazione accolta è quella che prevedeva ’per sempre’ il mantenimento del livello del portafoglio di project finance (mentre UniCredit aveva proposto al governo un limite di tre anni). Anche in questo caso il Tar ha annullato il limite temporale.

Sul terzo punto, sulla necessità di mantenere gli investimenti in asset italiani di Anima SGR (società di gestione del risparmio controllata da Banco BPM), il Tar ha ’salvato’ la prescrizione, specificando che l’impegno è solo programmatico. Intoccata invece la quarta prescrizione, quella che vincola UniCredit a uscire completamente dalle sue attività in Russia entro 9 mesi. Su questo punto, il Tar ha fatto un passo indietro, visto che la materia è fortemente geopolitica e non rientra negli ambiti su cui lo stesso Tar ha giurisdizione. Quello della Russia è diventato un nodo sempre più difficile da sciogliere. Per vendere le attività, serve infatti l’approvazione del governo di Mosca e della Banca centrale russa (la richiesta è già stata avanzata da UniCredit, ma i tempi di risposta sono incerti), e dal 2022 i prestiti ad attività russe sono scesi dell’86%.

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Cosa succede ora? Unicredit, spiega un portavoce, “continua a valutare l’evolversi della situazione e prenderà tempestivamente tutte le decisioni necessarie”, decisioni che spettano al Cda, che potrebbe venir convocato anche in tempi brevi. In sostanza, la prossima mossa dovrebbe toccare al Governo, che ha davanti due strade: fare appello al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar del Lazio, oppure riscrivere il Dpcm con le prescrizioni di Golden Power secondo le indicazioni della sentenza (che riguardano fondamentalmente i limiti temporali delle prime due prescrizioni).

A definire completamente il quadro manca ancora l’esito del confronto del governo con la Commissione europea. Bruxelles non sembra favorevole all’applicazione del Golden Power su questa materia, e finora ha preso tempo, ma la chiusura del confronto è previsto a breve. Su tutto, la scadenza dell’Ops: mercoledì 23 luglio. A meno che la Consob non decida una ulteriore sospensione dell’offerta, dopo quella già messa in atto a maggio. La decisione tocca solo alla Consob, ma non sarebbe la prima volta in cui una Ops viene ripetutamente sospesa.