Roma, 11 luglio 2025 – Ursula von der Leyen forse non lo sa, ma è diventata un po’ la versione europea di Giulio Andreotti. E ha ottenuto, chissà quanto volutamente, un risultato a suo modo storico: finalmente l’Unione europea si è svestita del proverbiale grigiore istituzionale ed è diventata molto più politica. E il tutto grazie a una delle operazioni più andreottiane di sempre: la “politica dei due forni“. Un po’ con la sinistra (cioè: i socialisti), un po’ con la destra (cioè: i conservatori).
Tenendosi le mani libere, accontentando tutti e quindi di conseguenza scontentando tutti, la Commissione Ursula bis ha portato anche nelle stanze europee il gusto del retroscena politico. Insomma ha reso persino più umana la macchina istituzionale comunitaria. Ma siccome di umano ci sono anche gli errori, non è detto che ciò sia per forza un bene, soprattutto nel delicato contesto internazionale in cui l’Europa è in cerca di un ruolo, tra la guerra commerciale con gli Usa e le guerre “vere“ in Ucraina e in Medio Oriente.
“Colloqui di pace in Vaticano”
L’apertura di von der Leyen a destra è ormai un dato di fatto sin dal primo giorno in cui erano iniziate le trattative per la formazione della Commissione. Eppure la presidente e la sua famiglia politica, i popolari, continuano a tessere spregiudicati rapporti con le destre, sapendo che in fondo il gruppo S&D non volterà mai davvero le spalle, visto che la prassi governista europea non può immaginare commissioni senza i socialisti accanto ai democristiani.
Non sarà un caso che la politicizzazione della Ue versione Ursula bis riguarda da vicino le vicende italiane, le influenza e anzi talvolta le scimmiotta. Dalle storiche geometrie variabili della nostra politica, la Commissione europea pare aver imparato molto, quantomeno a livello di teoria. I socialisti sono solo cinque (nel 2019-2024 erano nove) e appena due commissari hanno deleghe pesanti, talmente pesanti che però possono pure far saltare il banco progressista: la criticatissima spagnola Teresa Ribera alla “Transizione pulita, giusta e competitiva“, bersaglio di tutti gli strali anti Green deal, e lo slovacco Maroš Šefčovič al Commercio, mediatore unico – potenziale vittima sacrificale? – nella complicata partita dei dazi con gli Stati Uniti di Donald Trump.
Von der Leyen ricuce lo strappo. Pd e socialisti contro la sfiducia
Von der Leyen e i suoi popolari a trazione tedesca giocano con le maggioranze e non disdegnano il dialogo anche con altre destre, soprattutto su clima e migranti. Qualche briciola è finita persino ai Patrioti, designati, grazie all’intercessione del Ppe, relatori sugli obiettivi climatici della Ue per il 2040. Più andreottiani di Andreotti.