Daniele Bordicchia, guardia giurata di trentanove anni, ha sparato. Prima alla moglie Eliza Feru, operatrice sanitaria trentenne, mentre dormiva sul divano. Poi a sé stesso. Otto mesi di matrimonio, appena due dal ritorno dal viaggio di nozze. “Un ragazzo dolce, forse troppo fragile, a cui non piace essere preso in giro.” Così lo definiscono gli abitanti di Gualdo Tadino, dove si è consumato il primo femminicidio dell’anno.
È sempre la stessa storia: bravi ragazzi, almeno fino a quando non uccidono. Daniele non era fragile. Era un manipolatore. La dolcezza che gli attribuivano era solo una facciata. Dietro quel volto pacato si nascondeva un uomo capace di costruire una gabbia emotiva, invisibile ma indistruttibile. Eliza non è riuscita a liberarsene, come spesso accade quando il confine tra amore e controllo si confonde. Gli abusi iniziano infatti molto prima del sangue. Sono nei silenzi che soffocano, nelle svalutazioni mascherate da battute, nelle promesse di cambiamento che svaniscono appena la vittima torna indietro.
Eliza aveva già lasciato Daniele. Poi era tornata, come hanno fatto tante altre prima di lei. Sperava che l’uomo che aveva scelto di sposare potesse cambiare. Sperava che potesse amarla davvero. Sperava, perché sperare è più facile che accettare di essere intrappolati. L’ultima volta, però, Eliza aveva deciso di andarsene per sempre. E Daniele non poteva accettarlo. Per lui, perderla non significava solo la fine della relazione, ma la fine di sé stesso. Eliza non era più una persona, era diventata il suo riflesso, il simbolo di un controllo che non poteva permettersi di perdere. Così, quando quel riflesso ha iniziato a incrinarsi, Daniele ha reagito con la distruzione. L’ha colpita nel sonno, nel momento in cui era più vulnerabile. Come fanno i traditori. Lo ha fatto non per amore. Non per disperazione. Ma per cancellare il simbolo del rifiuto.
Per questo motivo, il suicidio non è stato un atto di pentimento. È stata l’ultima riaffermazione di potere: “se non possiamo essere insieme, non possiamo esistere affatto”. La violenza non nasce mai quando si preme il grilletto o si impugna un coltello. Nasce molto prima, nei legami che stritolano, nei ritorni imposti dalla speranza, dalla fame emotiva e dalla paura. Nasce nel controllo travestito da amore. Quel controllo ha ucciso Eliza molto prima che Daniele le sparasse.