Paolo Gentiloni non ha dubbi. La guerra in Ucraina è la nostra difesa, il ritiro dell’America di Trump impone all’Europa un grande passo avanti . “La scommessa dovrebbe essere semplice anche se può apparire retorico: puntare su un’Europa come grande potenza geopolitica.
Dopo di che se invece si sceglie di avere una visione protezionistica, e di conseguenza autolesionistica, e si sceglie di avere a cuore più le singole corporazioni che il famoso sistema paese, ne prenderemo atto. In ogni caso, se mi permette, questo è solo un tassello di un mosaico più grande. E il tassello ulteriore da mettere a fuoco quandosi parla di Europa come potenza geopolitica riguarda ovviamente il tema della difesa. E badate bene: i dossier, per così dire, sono complementari. Ci si rafforza con il commercio,ci si proteggeconladifesa. Ci si rafforza ampliando il mercato, ci si protegge investendo sull’industria della difesa.
Riportiamo qui una parte della lunghissima intervista rilasciata da Gentiloni, già commissario europeo, primo ministro e ministro degli esteri italiano, a Claudio Cerasa, direttore del Foglio.
Siamo alla vigilia di una sfida storica, avverte Paolo Gentiloni. Al centro vi è la competizione tra autocrazie e democrazie. Inutile girarci attorno: il punto è questo.
“All’orizzonte poi, vi è un altro rischio, che metterei tra le certezze, e che è quello delle scorribande dei giganti tecnologici, che lasciati agire in un mondo con meno regole non penso possano aiutare la democrazia a essere più solida rispetto a come lo è oggi”.
Gentiloni e il futuro dell’Europa
“Nel caos in cui ci troviamo oggi, un’altra certezza c’è: in Europa è tempo delle scelte, per i paesi membri dell’Unione è tempo di scegliere come muoversi, restare immobili è pericoloso e non scegliere da che parte stare significa già aver fatto una scelta. E scegliere da che parte stare, oggi, scegliere cioè di stare dalla parte di chi vuole proteggersi dalle minacce esterne e non dalla parte di chi quelle minacce vuole renderle più concrete, più vicine, significa fare passi in avanti per avvicinarsi all’Europa, per provare a farla contare di più, per provare a farla essere più sovrana”.
“Si può fare di più, si deve fare di più ma bisogna anche avere il coraggio di dire, e questo vale anche per i miei amici del centrosinistra, che dire che l’Europa è paralizzata, dire che l’Europa non è una potenza, dire che l’Europa non ha fatto passi in avanti in questi anni, dire che l’Europa è spacciata non è solo autolesionistico: è falso”.
Dopo di che, è ovvio, ci sono anche alcune incognite più immediate, più tangibili, che arrivano dalla vittoria di Trump, e l’incognita più immediata è quella che riguarda i dazi, tema non secondario per un paese come il nostro che vive anche di esportazioni.
“È chiaro che l’avvento di Trump è un appello all’Europa, un richiamo all’Europa. Ed è chiaro che l’indebolirsi della leadership americana crea un vuoto che l’Europa può, se riesce, se vuole, se ha l’ambizione per farlo, in parte riempire. Quindi secondo me invece di vedere soltanto l’Europa così divisa, così fragile, bisogna vedere un po’ i due aspetti della questione.
La storia dell’invasione dell’Ucraina
E l’invasione russa dell’Ucraina ha messo a nudo i limiti degli antieuropeisti e la forza dei veri patrioti. E’ in questi anni che, se ci pensate, si è concluso un percorso, che io definirei il percorso della grande illusione, durato molto a lungo. La grande illusione europea, i famosi tre pilastri del gas russo,del commercio con la Cina e della sicurezza americana, l’illusione maturata nell’ultimo decennio del secolo scorso, una specie di seconda Belle Époque.
In quel decennio è maturata l’illusione che l’Europa potesse avere un modello definito, facile, eterno: energia a buon mercato, commercio con la Cina illimitato, sicurezza assicurata dagli americani. Tutto questo, anche grazieaeventistraordinari capitatiinquelperiodo, come la caduta del Muro, la riunificazione tedesca, la nascita dell’euro, è andato avanti fino a pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina.
C’è bisogno di dire che il progetto di Nord Stream 2, il famoso ulteriore gasdotto che si sarebbe dovuto realizzare per trasportare il gas proveniente dalla Russia in Europa occidentale, è stato annullato dai tedeschi solo due giorni prima dell’invasione dell’Ucraina?
Per questo dico che la crisi ucraina è quella che ha concluso definitivamente questa illusione”.
Dopodiche, suvvia, inutile girarci attorno: la vera prova di fuoco, per l’Europa, per tutti noi, è un’altra, ed è come si concluderà la guerra in Ucraina”.
“Se la guerra si conclude male, avremo vent’anni almeno di minaccia alla stabilità dell’Europa, di vera minaccia alla nostra pace, e non capisco i molti sonnambuli che girano per l’Europa e che non capiscono questo punto. Perché il dato da considerare non è solo ciò che l’Ucraina rappresenta, cioè un paese sovrano, democratico, invaso, con violenza”.
“Il dato da considerare è che i confini dell’Ucraina sono i confini delle nostre democrazie. E se finisce male in Ucraina, finisce male per tutti noi. E’ per questo che non mi stancherò mai di dire che l’Europa, dopo venticinque anni di chiacchiere sulla difesa europea, può fare un passo in avanti e quel passo in avanti è l’emissione di debito comune, di Eurobond per finanziare la difesa europea. Conosco le resistenze ma possiamo farlo, dobbiamo farlo. E farlo è importante non solo per spendere di più. Farlo significa spendere anche meglio: acquistare sistemi di difesa europei e in comune, cosa che purtroppo oggi non facciamo”.
“Lo scenario pericoloso a mio parere è uno scenario in cui l’invasore ha buoni argomenti per dire di aver avuto la meglio. Se la sostanza è una tregua purché sia, perché così finisce la guerra, e se la sostanza non è trovare un modo per dimostrare che chi ha invaso l’Ucraina è stato fermato e non può proseguire in queste azioni di aggressione, il rischio che episodi del genere si ripetano è notevole.
Io ho pensato spesso in questi anni a come abbiamo reagito all’annessione della Crimea. Parliamo del 2014-2015, e onestamente, saranno gli storici a dirlo, può darsi che se noi grandi paesi europei – penso alla Germania, alla Francia, all’Italia –avessimo avuto una linea più risoluta nei confronti dell’annessione della Crimea, otto anni dopo un’invasione dell’Ucraina sarebbe stata meno probabile”.
Se guardi all’Ucraina, il fatto che il principale paese europeo fino a due giorni prima dell’invasione considerasse ancora attuale un progetto di collegamento con un gasdotto tra la Russia e il centro Europa attraverso il mare, il cui obiettivo era di scavalcare e tagliar fuori l’Ucraina medesima –lasciando poi perdere il fatto che una parte della classe dirigente tedesca era direttamente, personalmente coinvolta in questo progetto –questo ti dice tutto. Altro che sottovalutazione: è qualcosa di più. Ma anche in Italia negli anni in cui si preparava l’invasione dell’Ucraina troppe cose sono state ignorate.
E lo stesso discorso si potrebbe fare ragionando sul tema del commercio con la Cina. Se sei troppo dipendente da uno stato di cui non puoi fidarti fino in fondo, qualcosa alla fine andrà storto, è inevitabile.
“Nel caos in cui ci troviamo oggi, un’altra certezza c’è: in Europa è tempo delle scelte, per i paesi membri dell’Unione è tempo di scegliere come muoversi, restare immobili è pericoloso e non scegliere da che parte stare significa già aver fatto una scelta. E scegliere da che parte stare, oggi, scegliere cioè di stare dalla parte di chi vuole proteggersi dalle minacce esterne e non dalla parte di chi quelle minacce vuole renderle più concrete, più vicine, significa fare passi in avanti per avvicinarsi all’Europa, per provare a farla contare di più, per provare a farla essere più sovrana”.
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