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Sono trascorsi venti anni dal 15 dicembre del 2000, giorno in cui fu spento definitivamente il reattore numero 3 della centrale nucleare di Chernobyl. L’evento fu trasmesso in Eurovisione con una cerimonia solenne voluta dall’allora presidente Leonid Kuchma.
Erano passati 14 anni dalla tragica mattina del 26 aprile del 1986, quando l’esplosione del reattore 4 durante un test di sicurezza provocò l’incidente nucleare più grave della storia, classificato come settimo livello, il massimo, della scala di catastroficità Ines (International Nuclear Event Scale) dell’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica.
Il reattore bruciò per 10 giorni, rilasciando una quantità di radiazioni circa 400 volte maggiore di quella liberata durante l’esplosione della bomba a Hiroshima, insieme a elementi pericolosi e radiattivi che si diffusero nell’intera Europa. Fu ordinata l’evacuazione di tutti i centri abitati nel raggio di 30 chilometri dalla centrale, ma non bastò a limitare gli ingenti danni provocati alle persone, all’ambiente e ai territori limitrofi. Mentre 31 persone rimasero uccise nell’incidente, migliaia dovettero affrontare conseguenze gravissime negli anni successivi, come forme letali di tumori e malformazioni. Le stime parlano di oltre quindicimila vittime dirette e indirette.
La prima a denunciare l’allarme fu la Svezia, che aveva rilevato un picco anomalo nei livelli di radiazione, ma solo a novembre dello stesso anno il reattore esploso fu sigillato in un sarcofago di cemento armato.
Il secondo reattore fu spento nel 1991, mentre il primo nel 1996, a dieci anni dalla catastrofe. La storia della centrale nucleare finì definitivamente quel 15 dicembre di venti anni fa, quando si chiuse senza soluzioni di riapertura. Ora Prypjat, la città che era stata costruita nel 1970 per ospitare tutti gli operai e le loro famiglie, rimane una città fantasma, senza neanche le tante aiuole che l’avevano resa famosa con il nome di “Città dei fiori”.