A poco più di un anno di guerra e con 44.000 morti tra i palestinesi, la Corte penale internazionale ha emesso i suoi primi mandati di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella Striscia e in Israele dopo il 7 ottobre 2023.
Nel mirino dei giudici della Camera preliminare sono finiti – su richiesta del procuratore capo Karim Khan – il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant (poi cacciato dallo stesso primo ministro), nonché il capo militare di Hamas, Deif, che però Israele ritiene di aver ucciso in un raid a Gaza.
La Camera ha emesso mandati di arresto per Netanyahu e Gallant “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la Procura ha depositato le richieste di mandato di arresto”, riferisce una nota, parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”.
Cosa rischiano Netanyahu e Gallant
I 124 Stati che aderiscono alla Cpi hanno l’obbligo di eseguire i mandati di arresto sul loro territorio, qualora Netanyahu o Gallant si recassero in questi Paesi, rendendo di fatto quasi impossibile per loro viaggiare all’estero.
La Corte penale internazionale non è però riconosciuta da molti Paesi, tra cui Israele, Russia, Stati Uniti e Cina. I Paesi aderenti all’Unione Europea, invece, aderiscono tutti, quindi anche l’Italia è parte. Guido Crosetto, il ministro della Difesa, ha dichiarato che “la Corte penale internazionale sbaglia su Netanyahu, ma dovremmo applicare la decisione”. Tajani, però, frena, limitandosi a dire che dovremo “valutare con gli alleati”.
L’Olanda è invece uno dei primi Paesi a dichiarare che eseguirà la sentenza. Tra i Paesi Ue, al momento solo Ungheria e Slovacchia hanno detto che non rispetterebbero la sentenza.
Gli Stati Uniti sono compatti nella difesa di Israele. Biden ha dichiarato che “il rilascio dei mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale contro i leader israeliani è vergognoso“. Poi ha aggiunto: “Voglio essere chiaro ancora una volta”, ha proseguito Biden, “qualunque cosa possa intendere la Corte, non c’è alcuna equivalenza, nessuna, tra Israele e Hamas. Staremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza”.
Citando fonti a Washington, l’emittente israeliana Kan News afferma che la nuova amministrazione Trump sta pianificando azioni punitive contro la CPI per la sua decisione di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Gallant.
Netanyahu: “Decisione assurda, giudici antisemiti”
Per Netanyahu, la decisione è “assurda”, “antisemita” e basata su falsità e bugie. Dall’ufficio di Benjamin Netanyahu è arrivata una reazione durissima in risposta al mandato di arresto. Negando categoricamente ogni accusa, l’ufficio di Netanyahu afferma che il Paese non “si piegherà alle pressioni, non si farà intimidire e non arretrerà” fino al raggiungimento degli obiettivi della guerra.
Cosa ha scritto la Corte penale internazionale nel mandato di arresto
“Ci sono ragionevoli prove per credere che entrambi abbiano intenzionalmente e coscientemente privato la popolazione civile di Gaza dei mezzi indispensabili per la loro sopravvivenza, compreso cibo, acqua, medicine e forniture mediche, insieme a carburante e elettricità”. È quanto hanno scritto all’unanimità i tre giudici.
I giudici, che hanno accolto la richiesta presentata lo scorso maggio dal procuratore capo della Corte, Karim Khan, hanno scritto inoltre di credere che vi siano ragionevoli prove che entrambi “abbiano responsabilità penale per i seguenti crimini, come co-autori per aver commesso gli atti insieme ad altri: il crimine di guerra dell’utilizzo della morte per fame come arma di guerra e i crimini contro l’umanità di omicidio, persecuzione e altri atti disumani”.
Infine, viene considerato che “entrambi abbiano responsabilità penale come superiori civili per il crimine di guerra di aver intenzionalmente ordinato un attacco contro la popolazione civile”.
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