Milano, 27 gennaio 2025 – La memoria è fatica. Di ricordare, di trasmettere sapere, di confrontarsi e anche scontrarsi con posizioni diverse dalle proprie. Ne è convinto Emanuele Fiano, ex deputato dell’Ulivo e del Pd, figlio di Nedo, sopravvissuto ad Auschwitz (dove fu deportato a 18 anni e dove trovarono la morte tutti i membri della sua famiglia) e instancabile testimone della Shoah. Fiano è reduce da due giorni di incontri con cittadini e studenti (mentre lo raggiungiamo al telefono sta andando a Cento) e come lui sta facendo anche suo figlio Davide, 28 anni, impegnato a trasmettere ai ragazzi la storia di suo nonno.
Fiano, qual è il senso del Giorno della Memoria, oggi?
“Questo Giorno non è per gli ebrei. Noi l’orrore lo abbiamo nel Dna, ci siamo cresciuti e lo abbiamo combattuto per tutta la vita. Il Giorno della Memoria è per tutti gli altri, per quelli che la tragedia della Shoah non l’hanno vissuta sulla propria pelle o su quella della propria famiglia. Per questo dico che disertare le cerimonie, rifiutare il dialogo, è sbagliato. Non far morire la memoria è una missione che dev’essere portata avanti anche a costo di confrontarsi con posizioni diverse dalle nostre”.
Cosa pensa delle polemiche sulla parola “genocidio“ e il rifiuto della Comunità ebraica di partecipare all’incontro con l’Anpi a Milano?
“Non sono d’accordo. Non credo che si possa tacciare l’Anpi di antisemitismo. Anche loro si spendono per la memoria. E, ad essere precisi, l’Anpi ha detto che “bisogna evitare un genocidio a Gaza“. La nota che ha diffuso sostiene poi che il 27 gennaio si ricorda la tragedia della Shoah, non si deve annacquare con riferimenti all’attualità. Detto questo, io credo che ci si debba indignare per le vittime civili, per i bambini, per il dramma dei territori occupati e le violenze dei coloni, ma non si possa parlare di genocidio”.
Perché?
“Il genocidio è un’altra cosa. Del resto, questa parola non l’ho sentita usare per altri casi, come per esempio le cinquecentomila vittime civili siriane o quelle del Sudan. Non ho visto manifestazioni ogni sabato per queste tragedie. La verità è che con Israele c’è un pregiudizio che per altre realtà non c’è. Con Israele la colpa ricade sull’intero popolo ebraico”.
Nonostante l’impegno dei testimoni e gli avvertimenti sulle derive antisemite ogni anno si ripetono attacchi, come quelli alla senatrice Liliana Segre, ed episodi di aperta ostilità.
“Fino al 7 ottobre 2023 non era così. Quella data, quello che ha rappresentato e quello che ne è seguito, hanno fatto da spartiacque. Da una parte alimentando il pregiudizio su Israele e l’odio anti ebraico, dall’altra creando tensioni all’interno della stessa comunità ebraica, che si è ritrovata ancora una volta faccia a faccia con il terrore di un’ecatombe. La reazione militare di Israele a quanto successo il 7 ottobre ha cancellato agli occhi di tanti il significato che per gli ebrei ha avuto vedere quello che quel giorno è successo ai propri cari o ai propri conoscenti”.
Il rabbino di Trieste Alexander Meloni sostiene che ora l’antisemitismo più pericoloso sia quello che arriva dalla sinistra. Da uomo di tradizione dem, qual è il suo giudizio?
“Innanzitutto devo dire che io sono sotto scorta da quindici anni per le minacce ricevute da gruppi di estrema destra, quindi la pericolosità maggiore io la vedo sempre da quella parte. Dopodiché sono d’accordo che il pregiudizio su Israele stia saldando gli estremismi e portando a una moltiplicazione delle forme di antisemitismo, sulle quali è giusto non abbassare la guardia”.